La giornata si preannuncia bollente per i pendolari italiani. E, ovviamente, anche per quelli della Capitale: lo sciopero generale di 24 ore proclamato dalle sigle di base Usb, Cub e Sgb, coinvolgerà tanto le linee gestite da Atac quanto quelle di Cotral.
In pratica, a rischio saranno bus, tram e metropolitane* con possibili chiusure parziali delle stazioni o riduzioni di frequenza. Come sempre, saranno garantite le fasce di servizio dalle 5:30 alle 8:30 e dalle 17 alle 20. Ma al di fuori di questi orari, è tutto un grande punto interrogativo. E non finisce qui.
A essere coinvolti saranno anche i collegamenti gestiti da Cotral, compresi i pullman regionali e le linee ferroviarie Roma Nord e Metromare (l’ex Roma-Lido). Ma il colpo più duro potrebbe arrivare per chi aveva in mente di lasciare la città: lo sciopero investirà pure il trasporto ferroviario nazionale, con una finestra di agitazione che parte dalle 21 del 20 giugno e si estende fino alla stessa ora del giorno successivo. I treni garantiti circoleranno solo tra le 6:00 e le 9:00 e tra le 18:00 e le 21:00. Il resto? Rischia di rimanere fermo ai binari.
Sciopero trasporti, svelati i motivi
Questa volta, le ragioni vanno dritte al cuore della politica internazionale. “Contro il genocidio a Gaza”, si legge sul sito dell’USB, che accusa apertamente il governo Meloni di “voltarsi dall’altra parte di fronte a un genocidio conclamato e ormai rivendicato dal governo Netanyahu”.
È una presa di posizione forte, decisa, che sposta lo sguardo dalle dinamiche interne alle tensioni globali. E proprio questo rende lo sciopero del 20 giugno diverso da tutti gli altri: non si protesta per un contratto o per i turni, ma per ciò che accade oltre i confini, in nome di una responsabilità collettiva. Che si sia d’accordo o meno, la riflessione è inevitabile.
Per chi vive a Roma o deve passarci, la giornata sarà da affrontare con pazienza e creatività. Prepararsi in anticipo, organizzare soluzioni alternative come bici, monopattini o car sharing, potrebbe essere l’unico modo per non restare bloccati. Ma al di là del disagio, vale forse la pena chiedersi: quanto spazio c’è ancora, oggi, per proteste che parlano anche di giustizia internazionale? E quanto siamo pronti ad ascoltarle, anche quando ci complicano la giornata?