Non penserete mica che mi stia inventando semplici giochi di parole? Macché, dopo l’inaugurazione del Ponte San Giorgio, sul Polcevera, a Genova, faccio sul serio. Credo proprio che non ce ne sia più per nessuno. La pietra di paragone è volata in campo, come il dado di Giulio Cesare, prima di passare il Rubicone, verso Roma e il suo destino. Dunque, “alea iacta est ! “ . Ieri a celebrare la serietà del momento, a riconoscere l’estrema concretezza di una parte del Paese, c’erano le massime cariche dello Stato, ma c’erano anche quelli che ci hanno messo la faccia e l’anima, che il Ponte lo hanno progettato e realizzato a tempo di record e a regola d’arte a cominciare da Renzo Piano. Da adesso in poi non sarà più possibile traccheggiare, invocare i tempi della burocrazia, compresi gli inesorabili ricorsi al TAR. Dunque, da adesso in poi, basta con le contraddizioni in fatti e termini. Come dire, che se i migranti economici clandestini arrivano a Lampedusa e vengono riorganizzati nelle navi da quarantena, arrivate e in arrivo in Sicilia, ne consegue che gli umani là confinati devono essere considerati da subito degli indesiderati in odore di illegalità e in attesa di ripartenza per i luoghi d’origine, piuttosto che dei sequestrati in barba alle leggi nazionali e internazionali. Almeno, dal discorso pronunciato dal Presidente del Consiglio, avvocato Giuseppe Conte, questa sembra essere la prospettiva. Con tanti saluti all’ex ministro Salvini, che sulla Diciotti e la Open Arms si era limitato a bloccare decine di persone, adesso, il restringimento rischia di assumere proporzioni bibliche, visto che di mezzo ci sono fughe a mitraglia di “rivoltosi” dagli Hotspot e serie minacce di contagio. Cambierà dunque velocemente il tempo, perché non c’è più tempo, soprattutto in vista delle consultazioni regionali del 20/21 settembre, quando saranno ancora lontani i soccorsi da Recovery e MES, quando si sarà alle prese con la non semplice ripresa dell’attività scolastica, mentre il mondo dello sport sarà ancora intento a districarsi dal ginepraio del nuovo assetto, dal conflitto delle competenze vecchie e nuove tra CONI, Sport & Salute e Ministero, al numero dei mandati presidenziali e delle competenze ridefinite. La maggioranza dei presidenti federali uscenti rischia la decapitazione, salvo congressi bulgari e anticipati rispetto all’entrata in vigore della nuova Legge Delega sullo Sport. Ma a che gioco vogliamo giocare? Tira aria di ripensamenti… Cambia il tempo e non è più tempo!
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