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SALVARE L’ARTE DAL SISMA

31 ottobre 2016
– Dopo quanto è accaduto ieri, tra l’Umbria e le Marche, quando di colpo sono venuti meno tutti i se e i ma, rispetto al concetto di ottimizzazione antisismica, agli interventi ricostruttivi che verranno, a fronte di un “cratere” che si va allargando con migliaia di repliche dal Lazio e dall’Abruzzo, dopo scosse principali e secondarie, che vanno aumentando di intensità, non lasciando dubbi sulle loro capacità distruttive, abbiamo finalmente una conferma lapalissiana: l’Italia è un Paese ad alto rischio sismico, non da ieri, ma da tempo immemore. Per questo, gli abitanti di Ussita e Visso, “epicentrici” Borghi coinvolti con un altro centinaio di comuni non hanno esitato ad accettare l’alternativa dell’albergo al mare e i sindaci hanno dichiarato la fine di quegli insediamenti, anche per l’annichilimento del loro patrimonio storico artistico. La delocalizzazione e la ricostruzione dei Centri con criteri nipponici – dicono i sindaci – non necessariamente dovrà avvenire ad immagine e somiglianza di quanto sgretolato nel titanico scontro tra le zolle continentali africana ed euroasiatica, che ha generato faglie perverse, che non hanno risparmiato nemmeno Norcia e la Basilica di San Benedetto, il Patrono d’Europa. E qui la domanda sorge spontanea: ma è mai possibile che proprio il fondatore dell’Ordine dei Benedettini, passati alla storia per aver salvato e tramandato quello che rimaneva della cultura classica occidentale, possa rimanere vittima di quello che rischia di divenire un caso di colpevole negligenza in materia di salvaguardia per i beni della nostra cultura ? E’ evidente, che l’unica cosa da fare è prevenire, prendendo esempio da quanto decise il Ministro Bottai che, nel 1938, prevedendo il peggio, con l’approssimarsi della Seconda Guerra Mondiale, fece selezionare e proteggere ben seimilacinquecento importanti opere d’arte, ricoverandole nel più assoluto riserbo nella Rocca di Sassocorvaro e nel Palazzo dei Principi a Carpegna, nel Montefeltro marchigiano. Pasquale Rotondi il nome del protagonista dell’ operazione di salvataggio, della più grande concentrazione di opere d’arte mai messa insieme nella storia dell’umanità. Il Noè dell’Arca dell’Arte era nato ad Arpino, come Cicerone, nel 1909. Nel 1939 divenne Soprintendente alle Gallerie e alle Opere d’Arte delle Marche, si insediò ad Urbino e venne incaricato di compiere l’impresa dal Ministro dell’Educazione Nazionale Giuseppe Bottai, già Governatore di Roma, su proposta dell’allora funzionario Giulio Carlo Argan, che sarebbe infine divenuto lui stesso Sindaco della Capitale. E’ pur vero, che il Ministro di oggi, ai Beni Culturali, Dario Franceschini, ha già fatto ricoverare 1215 opere recuperate dai crolli di Amatrice e dintorni nella Scuola Allievi Guardia Forestale a Città Ducale, ma si tratta di estrema ratio a disastro avvenuto, con reperti in parte già danneggiati, da restaurare ed altri purtroppo andati irrimediabilmente distrutti. Paradossalmente, le Marche salvarono l’Italia dell’arte e adesso l’Italia deve salvare l’arte delle Marche: bisogna avere il coraggio e la lucidità per farlo, subito !
Ruggero Alcanterini

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