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Ambiente

Sacchetti di plastica, EcoItaliaSolidale: Da Paese all’avanguardia a soluzioni che debbono essere condivise

Al bando la plastica e quindi le buste di plastica. Fino qui l’auspicio dovrebbe essere unanime se consideriamo che i mari del mondo sono invasi dalla plastica, un dato supportato da uno studio dell’Università della Georgia che per la prima volta ha calcolato con precisione la quantità di plastica gettata nei mari, ben il 5 per cento di quella prodotta nel mondo finisce ogni anno fra le onde. Complessivamente fra bottiglie, tappi, rivestimenti, imballaggi, buste, stiamo parlando di 12,7 milioni di tonnellate che inquinano fortemente il mare. Il vero problema della plastica e’ il suo tempo di decomposizione, infatti per una bottiglia sono necessari circa 20 anni e circa un secolo per posate di plastica o accendini. Inoltre da non sottovalutare che le microparticelle di plastica, soprattutto quella dei sacchetti, vengono ingerite dai pesci che le scambiano per plancton, il loro cibo, e che successivamente tale sostanze nocive vengono ingerite da noi mangiando il pesce, con pericolo per la salute. Se il trend di inquinamento della plastica in mare prosegue con questi ritmi e senza adeguate soluzioni in termini anche di leggi specifiche per la diminuzione dell’utilizzo della plastica, secondo lo studio della Fondazione Ellen MacArthur presentato lo scorso anno in occasione del Forum economico mondiale di Davos, nel 2050, in termini di peso, gli Oceani potrebbero contenere più bottiglie di plastica e di sacchetti di plastica che pesci e tra le acque più inquinate vi è proprio il Mediterraneo.
L’inizio della discussione di messa al bando dei sacchetti di plastica in Italia è stata avviata nel 2010 con il Ministro dell’Ambiente del governo Berlusconi, Stefania Prestigiacomo, facendo dell’Italia il primo Paese nell’Ue a introdurre misure di utilizzo restringenti , tanto che dopo un primo stop da parte della Commissione Europea, la Commissione cambiò orientamento, adottando una direttiva che seguiva l’esempio italiano varando una direttiva specifica adottata nel 2015 con un recepimento entro il novembre 2016 per tutti i paesi della Comunità.
Per il cosiddetto “Decreto mezzogiorno”, dal 1°gennaio è scattato l’obbligo nel nostro Paese, di utilizzare ”bioshopper” come imballaggio primario per i prodotti di gastronomia, macelleria, pescheria, frutta verdura e panetteria. Al bando quindi le buste ultraleggere in plastica che solitamente si usavano per per pesare gli alimenti, sostituite da quelle biodegradabili e compostabili, nel rispetto dello standard internazionale UNI EN 13432.
Prima incongruenza, un provvedimento giusto per la lotta all’inquinamento ambientale e per la difesa dei nostri mari inserito in un Decreto che nulla aveva a che fare e finalizzato alle politiche del Mezzogiorno, varato in via d’urgenza lo scorso agosto, senza un dibattito politico ampio e condiviso.
Inoltre è un provvedimento che in questo momento di crisi e di tasse estremamente salate pagate dai contribuenti italiani di fatto viene a gravare proprio sulle tasche dei cittadini. Infatti ogni esercente, dalla grande distribuzione ai piccoli negozi, venderà le singole buste a un prezzo compreso fra gli 1 e i 5 centesimi, come stabilito per legge. Non solo, non sarà possibile utilizzare, come in molti già facevano sia per risparmiare ma anche con la volontà di diminuire l’inquinamento, un proprio sacchetto portato da casa, magari di stoffa, quest’ultimo divieto sarebbe dettato per legge per un presunto rischio igienico.
Il grande dibattito che si sta amplificando in queste ore fra le forze politiche, è quello relativo al provvedimento che di fatto può favorire l’azienda Novamont, già nota per aver inventato i sacchetti di MaterBi, il materiale biodegradabile a base di mais, di cui Catia Bastioli, è amministratore delegato, manager che secondo la stampa sarebbe molto vicino al Pd di Renzi.

Da un provvedimento con finalità di ampio valore ecologico, varato con un decreto che nulla aveva a che fare con il rispetto ambientale, non dovrebbe essere pagato con i soldi dei contribuenti bensì da chi vende il prodotto. Per questo aspetto saremo accanto alle associazioni dei consumatori che si stanno attivando a tal riguardo, inoltre proponiamo l’utilizzo dei sacchetti riutilizzabili e lavabili, come ad esempio le retine, pratica già in uso nel nord Europa e che sarebbe possibile attraverso una semplice circolare ministeriale.
L’Italia è stato in questo caso un Paese all’avanguardia sulla difesa dell’ambiente, sarebbe semplice trovare soluzioni condivise in rispetto dei cittadini ed in continuità con l’obiettivo originario.

redazione

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