Scusandomi per non aver avuto modo di manifestare pubblicamente i sentimenti di gratitudine per Bruno Monti, grande campione dello sport e pietra miliare per la storia della nostra società civile, intendo con la presente testimoniare l’assoluta stima che il nostro Comitato e con esso il Comitato Olimpico e il Movimento Europeo del Fair Play, di cui sono partecipi ben quaranta paesi comunitari e non, nutre per la sua memoria. Il nostro Bruno ebbe un ruolo emblematico tra le due Olimpiadi della speranza, quella di Helsinki del 1952 e quella di Roma nel 1960, alimentando l’idea innovatrice di Natale Bertocco per un ciclismo collegato al motociclismo e che unisse in chiave internazionale Roma e il Sud dell’Italia.
Forse Bruno non percepì sino in fondo quanto grande fosse la sua popolarità e soprattutto quanto fosse entrato nel cuore degli italiani, che lo avvertivano come un simbolo della evoluzione salvifica, che era in atto nel Paese, negli anni del riscatto e della rinascita, dopo il disastro della Seconda Guerra Mondiale.
Lui rimane, tra i grandi campioni del Novecento, lo straordinario simbolo, il più grande interprete di sintesi del Futurismo, che Marinetti e Boccioni ispirarono in particolare allo sport, prediligendo la rappresentazione iperdinamica del ciclismo e del motociclismo.
Ruggero Alcanterini
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