Inesorabile giunge la notizia peggiore: Ben Ali Muhammad, simbolo della boxe e della lotta contro l’apartheid ha lasciato questa terra per raggiungere gli altri eroi dello sport in Borea. Io però lo ricordo come Cassius Clay, diciottenne, splendido vincitore dell’oro olimpico tra i mediomassimi a Roma nel 1960, come Jessie Owens a Berlino nel 1936, quando aveva meno rabbia, meno muscoli ed un sorriso più devastante dei suoi pugni. Cassius tanti ne dava e pochi ne prendeva; Ali tanti ne dava e molti ne prendeva di colpi, anche sul piano psicologico e c’è chi attribuisce alle sue avventure gladiatorie sul ring la causa del morbo che lo ha ucciso. Cassius come Jessie, stessa condizione sociale, stessa maglia storica della nazionale olimpica USA, stessa missione nella storia, non soltanto dello sport, stesso obiettivo colto in nome dell’eguaglianza tra gli umani.
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