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RIFLESSIONI DEL DIRETTORE – SPORT E INTEGRAZIONE SOCIALE: LA VITTORIA PIU’ BELLA

Ieri al Circolo del Tennis/Foro Italico c’erano tanti ragazzi e insegnanti, uomini e donne della scuola e della promozione sportiva, il Coni con il Presidente Malagò, Miglietta e Diana Bianchedi, rappresentanti delle Benemerite, tra cui il CNIFP, con il sottoscritto. Si trattava dell’atto conclusivo di una campagna per progetti sul tema dell’integrazione attraverso lo sport, ovvero “La vittoria più bella”. Mentre sfilavano immagini e protagonisti, Malagò sottolineava come lo sport riesca a mettere insieme il Pallone d’oro di Ronaldo e il “calcio sociale” di Corviale, simbolo della marginalità a Roma, quanto lo è Scampia nel napoletano. Questo mi ha fatto tornare in mente coloro che sessanta/settanta anni fa svolgevano un’azione che era una indispensabile premessa per quanto sarebbe possibile oggi con ben altri mezzi. Loro erano senza budget, ma ricchi d’idee giuste e condivise con i movimenti dello sport popolare, di base, stracolmi di risorse umane, carichi d’entusiasmo e pieni di fiducia per un futuro che, nel 1960, si annunciava come un traguardo intermedio di valore strepitoso. Voglio ricordare per tutti e per sintesi, tra gli antesignani della integrazione socio-sportiva, personaggi come Autorino e Lattanzio a Barletta, piuttosto che Tammaro e Rovelli a Milano, oppure e con personale devozione Berra, Battaglia e Zamagni a Roma, quando sulla spinta di un personaggio stellare come Bruno Zauli, portarono nelle palestre, ma anche nelle strade, nei campi e nelle borgate una idea di sport, di cui sarebbero stati beneficiari milioni di ragazzi. Molti di loro ascesero anche ai livelli più alti agonistici, oltre che sociali, dirigenziali nello sport stesso e nella società civile. Alcuni ancora oggi continuano ad operare, ad adoperarsi per un bene comune a prescindere. Ieri, al Circolo del Tennis c’erano nello spirito anche le moltitudini di ragazzi delle periferie che, per una lunga felice stagione di sport nella scuola e nel sociale, negli anni cinquanta/sessanta, riempirono gli stadi ed ebbero la fortuna di crescere in quel clima quasi onirico di cui non dobbiamo perdere né la memoria, né gli insegnamenti.

Ruggero Alcanterini

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