Dopo quanto è accaduto ieri, tra l’Umbria e le Marche, quando sono venuti meno di colpo tutti i se e i ma, rispetto al concetto di ottimizzazione antisismica, agli interventi ricostruttivi che verranno, a fronte di un “cratere” che si va allargando dal Lazio e dall’Abruzzo con migliaia di repliche, dopo scosse principali e secondarie, che vanno aumentando di intensità, non lasciando dubbi sulle loro qualità distruttive, abbiamo finalmente una conferma lapalissiana: l’Italia è un Paese ad alto rischio sismico, non da ieri, ma da tempo immemore. Per questo, gli abitanti di Ussita e Visso, “epicentrici” Borghi coinvolti con un altro centinaio di comuni non hanno esitato ad accettare l’alternativa dell’albergo al mare e i sindaci hanno dichiarato la fine di quegli insediamenti, anche per l’annichilimento del loro patrimonio storico artistico, salvo la delocalizzazione e la loro ricostruzione con criteri nipponici e non necessariamente a immagine e somiglianza di quanto sgretolato nel titanico scontro tra le zolle continentali africana ed euroasiatica, generando faglie perverse, che non hanno risparmiato nemmeno Norcia e la Basilica di San Benedetto, il Patrono d’Europa. E qui la domanda sorge spontanea: ma è mai possibile che proprio il fondatore dell’Ordine dei Benedettini, passati alla storia per aver salvato e tramandato quello che rimaneva della cultura classica occidentale, possa rimanere vittima di quello che rischia di divenire un caso di colpevole negligenza in materia di salvaguardia per i beni della nostra cultura? E’ evidente che l’unica cosa da fare era ed è ripetere quanto decise di fare il Ministro Giuseppe Bottai fin dal 1938, prevedendo il peggio, che sarebbe arrivato con la Seconda Guerra Mondiale, ovvero di selezionare e proteggere ben seimilacinquecento importanti opere d’arte, ricoverandole nel più assoluto riserbo nella Rocca di Sassocorvaro e nel Palazzo dei Principi a Carpegna, nel Montefeltro marchigiano. Pasquale Rotondi, si chiamava il protagonista dell’ Operazione Salvataggio, della più grande concentrazione di opere d’arte mai messa insieme nella storia dell’umanità. Il Noè dell’Arca dell’Arte era nato ad Arpino, come Cicerone, nel 1909. Nel 1939 divenne Soprintendente alle Gallerie e alle Opere d’Arte delle Marche, si insediò ad Urbino e venne incaricato di compiere il salvataggio dal Ministro dell’Educazione Nazionale Giuseppe Bottai, già Governatore di Roma, su idea dell’allora funzionario Giulio Carlo Argan, che sarebbe infine divenuto lui stesso Sindaco della Capitale. E’ pur vero, che il Ministro di oggi, ai Beni Culturali, Dario Franceschini, ha fatto ricoverare 1215 opere recuperate dai crolli di Amatrice e dintorni nella Scuola Allievi Guardia Forestale a Città Ducale, ma si tratta di estrema ratio a disastro avvenuto, con reperti già danneggiati o purtroppo distrutti. Paradossalmente, le Marche salvarono l’Italia dell’arte e adesso l’Italia deve salvare l’arte delle Marche: bisogna avere il coraggio e la lucidità per farlo, subito!
Ruggero Alcanterini
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