Mi sembra fantastica, una vera favola, quella che ha visto l’olimpo inchinarsi per la seconda volta davanti a un carpigiano a distanza di 108 anni. Lui, Gregorio Paltrinieri, come il predecessore, Dorando Pietri, ha vinto, macinando gli avversari e con grande vantaggio. Lo ha fatto passando a gran ritmo l’acqua di 30 vasche, come Dorando, oltre il limite del possibile, fece nella maratona, percorrendo quarantadue chilometri e centonovantacinque metri di strade in quel di Londra. Pietri vinse, ma perse indebitamente per squalifica tecnica, coperto poi d’onori e gloria per la riconosciuta vittoria morale. Oggi, io immagino l’umile e sorridente Greg piegato, dall’alto del suo 1,91, nell’atto virtuale di mettere al collo del piccolo grande Dorando (1,59) la medaglia d’oro olimpica finalmente restituita a lui e alla Città di Carpi, da mettere idealmente accanto alla preziosa coppa donata al maratoneta dalla Regina Alessandra d’Inghilterra, su suggerimento del celebre giornalista-scrittore Conan Doyle, che sul Daily Mail del 25 luglio 1908 scrisse: “La grande impresa dell’italiano non potrà mai essere cancellata dagli archivi dello sport, qualsiasi possa essere la decisione dei giudici”.
Ruggero Alcanterini
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