Tornano puntualmente i bombardamenti sulla Libia, obiettivo Sirte, città natale e mortale di Mu’ammar Gheddafi, ora roccaforte ISIS.
Mi ricordo bene quel 20 ottobre del 2011, quando, conciato malissimo in una stanza d’hotel a Parigi, vidi in diretta tv quello che rimaneva del Rais, dopo il linciaggio e il colpo di grazia alla nuca sparato sembra da un non libico, un agente infiltrato dei servizi segreti occidentali. Le bombe francesi e le altre della NATO avevano avuto un precedente nel 1986, quando il “cinghialone” Gheddafi era sfuggito miracolosamente alla morte. Se fosse stato eliminato fin d’allora, forse la storia sarebbe cambiata, nel senso che molti eventi legati alla instabilità di aree complicate, difficili, se non impossibili, avrebbero avuto un decorso anticipato. Penso che Mu’ammar, che veniva considerato, con Arafat e Castro, un fratello da Nelson Mandela, continui a maturare una sorta di vendetta su chi lo ha eliminato per aprire di fatto una voragine, un baratro senza fondo in cui è precipitata una parte incolpevole dell’umanità aggredita da guerre e vessazioni, costretta a migrazioni bibliche, attivando di fatto un flusso coloniale di ritorno verso l’Europa. Secondo il raccomandabile principio di scegliere sempre il male minore, piuttosto che il bene maggiore, mi auguro che l’ennesima operazione militare americana abbia un esito diverso e migliore di altri rivolti contro veri e presunti “stati canaglia”. Tanto per non dimenticare, ricordiamoci delle ferite rimaste aperte in Somalia, Iraq, Afganistan, Siria…
Ruggero Alcanterini
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