Più vado avanti rimembrando, per meglio capire il senso delle nostre vicende, quindi della storia comune e più mi identifico nella esperienza di Neri Tanfucio o, se preferite, Renato Fucini. Maremmano di Monterotondo Marittimo, “Neri” fece un percorso terreno dal 1843 al 1921, giusto a cavallo di due secoli, in cui cambiò il mondo e non di poco, senza che lui abbandonasse quell’atteggiamento tra il bucolico ed il disincantato, tra il serio e il faceto, tra gli amici del “Caffe’ dei Risorti” a Pisa e quelli sparsi nel tempo e nello spazio delle sue occasioni d’incontro, come Carducci, De Amicis, Puccini… All’ultimo libro pubblicato il vita, giusto nel 1921, volle dare il titolo lapidario di “acqua passata”, ovvero che non macina più. Lui, poeta e umorista come il Giusti, nascondeva, dietro la maschera dell’allegria, quella mestizia che a volte ti compenetra sin nel profondo : “…un riso che non passa alla midolla e mi sento simile al saltimbanco, che muor di fame e in vista ilare e franco trattien la folla”. Perché, vi chiederete, contaminare con note melanconiche le riflessioni di chi si occupa di sport e quindi di una delle massime espressioni di vitalità da parte degli uomini nel clima della festa ? Ma proprio perché – se vogliamo dare un senso compiuto al formidabile ruolo dello sport nella storia sociale, che vede il suo vertice piramidale globale nei Giochi Olimpici – non possiamo ignorare quanto ne siano importanti anche i dettagli apparentemente meno suggestivi. E’ per questo, che mi continuo a sentire in dovere di custodire le carte e le memorie, che mi sono state affidate da tanti compagni d’intrapresa nel corso della mia frazione di staffetta, il cui inizio non soltanto simbolicamente identifico con la XVII Olimpiade , da me vissuta nel magico crogiolo di talenti, che era divenuto per l’occasione lo Stadio delle Aquile, oggi “Paolo Rosi”. Neri Tanfucio chiamava “studinaio” il piccolo locale dove si metteva a scrivere e io mi allargo, parlando di “granaio della memoria”. Quando mi dovetti occupare con Alfredo Berra della più grande operazione di promozione atletica, mai avvenuta sul territorio romano, con il CPAL (Centro Propaganda Atletica Leggera) e il CAC (Club Atletico Centrale) facenti capo all’UISP (Unione Italiana Sport Popolare) mi resi poi conto che le premesse erano passate – tra gli anni venti e quaranta – per i pensieri e le azioni di personaggi, come Antonio Gramsci e Enrico Berlinguer. Quando Probo Zamagni ed Enrico Guabello (novembre 1962) mi affidarono la neonata AICS (Associazione Italiana Circoli Sportivi) mi accorsi che era in linea diretta erede della UOEI di Leonida Bissolati (1913) dell’APEF (Associazione per l’Educazione Fisica) e dell’Umanitaria di Attilio Maffi (1922) piuttosto che delle ASSI di Oddone Giovannetti (1945/50) o dell’UCSI di Matteo Matteotti, figlio di Giacomo (1953) fino a Giacomo Brodolini (1962). Che volete vi dica, dopo il grande, unico Evento del Sessanta, nell’area sportiva c’era una tale energia, che non si aveva il tempo di riposare né sui progetti, né sui presunti allori. In quel periodo si saldò anche la mia congiuntura astrale con il CUS Roma e con il CUSI, quindi il concerto di pensieri, azioni ed esperienze con il giovane Mario Pescante e i meno giovani, ma super goliardi, Tarasconi e Nebiolo, moderati dal “moroteo” Lojacono e dal saggio discobolo Vittorioso, tutti eredi del COSI (Comitato Olimpico Studentesco Italiano) che gia’ nel 1922 aveva organizzato a Roma le prime Olimpiadi Nazionali Universitarie. E la FIDAL ? La prima FIDAL per me fu quella di Alfonso Castelli ( Vice del Segretario Generale, Massimi e Direttore di Atletica ) e di Alfredo Ferri (Presidente del Comitato Laziale) prima ancora di essere coinvolto nel Movimento di Rinnovamento e le vicende del 1967/69, comprendenti il tentativo fallito con Pasquale Stassano e quello riuscito con Primo Nebiolo, per la candidatura a Presidente Nazionale. Anche per la FIDAL, quando ti volti indietro, ti rendi conto che si tratta della summa di una straordinaria convergenza di idee, opere, azioni, scelte generose, fatte da noti e ignoti ancor prima del 1896, compreso il mitico mancato protagonista della maratona e primo italiano partecipante ai Giochi, in quel di di Atene, Carlo Airoldi, di cui conservo gelosamente una medaglia conquistata a Bologna nel ‘95. Mi piace ricordare che, se del Presidente Marchese Luigi Ridolfi ho solo letto e sentito parlare, Bruno Zauli l’ho conosciuto e frequentato, da Segretario Generale del CONI, così come Lando Ferretti, da Presidente del Panathlon, ma dal vissuto senza pari e dai trascorsi fondamentali per il Comitato Olimpico, ancora così com’è oggi: lui, come altri, a partire dallo stesso Francesco De Sanctis, meriterebbe un “ remember “ al Foro Italico, testimonianza simbolica e comunque concreta di una infaticabile intraprendenza… Nelle immagini: da sinistra, il 1° Corso per Dirigenti AICS di appena cinquant’anni fa ad Albano Laziale: accanto a Carlo Marcucci e me, Probo Zamagni, in piedi, poi Enrico Guabello, Renato Marinelli, Fernando Arigoni; Neri Tanfucio alias Renato Fucini; Giacomo Brodolini; Lando Ferretti.
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