Solo chi ha fatto un viaggio di andata e ritorno può testimoniare cosa si prova nel sentirsi richiamare in vita. Questo percorso inverso lo stanno compiendo ancora bambini, donne e uomini coinvolti nella catastrofe di Rigopiano. Sentirsi chiamare, accecare da un improvviso bagliore di luce, scorgere il viso dell’angelico soccorritore, afferrarne la mano e sentirsi trarre in salvo è qualcosa di straordinario, che non ci si deve augurare di dover provare, ma se capita, per via di un insolito destino, vi garantisco che la carica emotiva che comporta è assoluta. Sentirsi tornare in vita, a qualsiasi titolo e in qualsiasi condizione, consente di apprezzarne la straordinarietà del valore unico e insostituibile. E’ anche per questo che ritengo importante, fondamentale, che chi dispone della propria e dell’altrui vita ne abbia assoluta consapevolezza, che non la scambi per un turno di riposo in meno. Mi riferisco esplicitamente non tanto a chi soccorre con generosità, che deve comunque accomunare professionalità e perizia, quanto a chi gestisce situazioni che comportano rischi impliciti. L’esempio è quello degli autisti dei pullman, che dispongono dell’esistenza di decine di persone e non sempre sono all’altezza del compito, com’è capitato un anno fa a Tarragona per i ragazzi “Erasmus” e questa notte agli studenti ungheresi alle porte di Verona…
Ruggero Alcanterini
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