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RIFLESSIONI DEL DIRETTORE – L’ORO IN FONDO

Continuo a pensare ai Giochi di Rio, come ad un paradosso dello sport e della vita. L’idea è quella che l’oro si possa e si debba trovare in fondo. Così, ieri, al Maracanà i brasiliani hanno conseguito il loro sesto e sospirato risultato aureo nel football, di cui sono maestri, soltanto in fondo ad una partita durissima con i tedeschi, passando per i tempi supplementari e i calci di rigore, grazie allo stato di grazia di Neymar da Silva Santos Junior, che con il F.C. Barcelona è giocatore plurimilionario. Così l’oro del Brasile, trovato proprio in fondo, ha assunto un valore particolare, perché ha riscattato l’orgoglio di un Paese, che basa sul calcio la sua tradizione sportiva, ma realizzato grazie ad un atleta che – economicamente parlando – è agli antipodi di quel dilettantismo su cui si sono ambiguamente ispirati i principi dell’olimpismo moderno e di cui tante sono state le vittime illustri. Al riguardo, voglio citare ad esempio Carlo Airoldi e Jim Thorpe: il primo, noto per aver vinto in modo eroico la Milano-Barcellona e sfidato Buffalo Bill sui cinquecento chilometri nel 1895, escluso dalla Maratona di Atene 1896 e il secondo, americano di pura etnia pellerossa (considerato ancora nel 1950 l’atleta del XX Secolo) privato dal CIO delle medaglie oro nel pentathlon e decathlon ottenute ai Giochi di Stoccolma, un anno dopo, nel 1913, per sospetto professionismo nel baseball… E’ chiaro che la filosofia ad oggi è radicalmente cambiata e per questo mi chiedo perché siano ancora fuori dal programma olimpico la Formula Uno e la Moto GP. In definitiva, questa sarebbe la vera consacrazione totale di quanto di più ci si possa attendere dallo spettacolo sportivo, salvo gli inni nazionali ed il medagliere. Tornando a “l’oro in fondo”, voglio anche ricordare come questo possa condurre a scelte estreme, che possono portare al delirio glorioso, che consegue all’impresa raggiunta, come alla pietosa catarsi nel sentimento doloroso per l’impresa fallita, come nel caso dello “jumper” Uli Emanuele, precipitato, come Icaro, con la sua tuta alare tra le montagne svizzere e dei sub Mauro Tancredi, Silvio Anzola e Mauro Cammardella, vittime di un “sogno”, nel blu profondo della Grotta della Scaletta a Capo Palinuro.

Ruggero Alcanterini

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