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RIFLESSIONI DEL DIRETTORE

Francamente, l’idea che due treni si possano scontrare, lanciati l’uno contro l’altro a velocità di crociera su di un binario unico, potrebbe essere la rappresentazione allegorica di un Paese, che ha deciso di suicidare i propri cittadini, senza alcuna ragione razionale possibile. Ebbene, purtroppo questo è avvenuto ieri in Puglia, ma sostanzialmente avviene ovunque ogni giorno, nonostante le indubbie qualità che siamo in grado di dimostrare nel momento dell’emergenza. Diciamo che siamo i migliori soccorritori del mondo, ma pessimi preventori. Questa caratteristica ci mette in condizione di trovare soluzioni laddove altri non saprebbero cosa fare, ma ci porta anche a consolidare criticità e rischi sino al momento dell’esplosione. Questa notte ho seguito con molta attenzione il Reporter Cult della Gabanelli sulla questione relativa all’immigrazione e ho avuto l’impressione che si sia tutti in un “culo di sacco”, migranti compresi e per primi. Non esiste un progetto strutturato per il prima, il durante ed il dopo. Non ci sono protocolli di cooperazione con i Paesi di provenienza, salvo alcuni. La Comunità Europea ci lascia di fatto soli e i singoli membri ci rigurgitano il peggio del peggio, dopo aver scremato, avendo chiuso comunque le frontiere alla faccia dei trattati di libera circolazione. Il problema è che noi siamo in spiaggia, in mutande sotto gli ombrelloni, bibita al fianco e libro in mano, senza aver capito che la “rogna” non è dei Prefetti, piuttosto che dei Parroci, ma è direttamente la nostra. Ogni struttura messa a disposizione, ogni sostegno e supporto che vengono messi in atto, secondo una filosofia emergenziale, in realtà risponde ad una esigenza di tipo permanente e irreversibile. In buona sostanza ogni famiglia italiana sta adottando da uno a più immigrati per un periodo indeterminato. Questo potrebbe essere un profilo da Premio Nobel per la Pace, ma in realtà sappiamo che ci si trova davanti all’ennesimo inghippo, trappolone, in cui ci stiamo cacciando giorno dopo giorno, gloriandoci della nostra qualità indiscussa di campioni di salvamento, salvo la fase due dell’accoglienza. Secondo le ipotesi “reporteriane”, potremmo restaurare una quantità industriale d’immobili per uso civile a futura memoria, dare lavoro ad una quantità di medici, assistenti sociali, insegnanti a vario titolo, confidando nel finanziamento europeo, in concorrenza con la Turchia. Intanto, i migranti ormai stabili da anni in Italia, in attesa di una destinazione, muoiono di noia e ingrassano, perché condannati all’ozio dal sistema. Nessuno ha una idea di quale possa essere lo sbocco formale di questo fenomeno inarrestabile, ma la sensazione che abbiamo tutti è che prima, piuttosto che poi, quando saranno coagulate etnie e interessi rappresentabili, questa situazione esploderà, come già accaduto con i “raccoglitori” nel Meridione, con i cinesi in Lombardia e Toscana.
Intanto, il nostro calo demografico si lega tragicamente alla mancanza di una seria attività di welfare a favore della famiglia, tagliando a zero il costo dei figli (nido, scuola, libri, prevenzione salute). e Possiamo dunque immaginare sin d’ora come finirà, mancando peraltro una strategia dell’integrazione, creando in alternativa soltanto ghetti e insofferenza, se non scenari peggiori, come quelli che ormai stiamo vivendo nel quotidiano. Credo che ci vorrebbe il coraggio di cambiare atteggiamento da subito e fare scelte forti e strutturali, dalla politica estera a quella sul territorio interno, sul decoro, e la sicurezza, sul lavoro, togliendo le risorse umane dei migranti dal perverso giro vizioso, che li conduce – in alternativa all’inedia insulsa – ai caporalati, alla prostituzione ed alla criminalità di vario genere. Se l’Europa rimarrà per il momento e forse per sempre soltanto quella monetaria, noi abbiamo il diritto dovere di muoverci autonomamente sullo scenario internazionale ed andare a chiudere accordi bilaterali con i Paesi da cui proviene la migrazione economica o da dove agiscono i trafficanti di esseri umani, incoraggiati dalla nostra infinita incredibile pazienza nei loro confronti.

Ruggero Alcanterini

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