Di Ruggero Alcanterini
L’ATLETICA DEI SOGNI – Altro che “Post prandium aut stare aut lento pede deambulare” della nobile antica Scuola Salernitana. Qui ci vuole la corsa e la mia passione per la corsa nacque spontanea, nel modo più naturale, come capita a tutti gli esseri umani sulla terra e forse anche su altri pianeti. Diciamo che la sensazione di leggerezza, di libertà che si prova nello spiccare la corsa, nel passare dal lento o veloce pede ad una serie di balzi in progressione, sgattaiolare via tra il verde di un parco o la folla in una piazza è di per se comunque premiante. Mi ricordo quando andavo e tornavo da scuola correndo, da Piazzale Clodio alla Pistelli-Colombo a Piazza Mazzini o al Foro Mussolini/Italico per provare la carbonella di una vera pista, quella di un luogo incredibile, allora ancora nuovo di “pacca”, lo Stadio dei Marmi. E quando l’alieno Vladimir Kuts doppiò tutti all’Olimpico e fece il record del mondo sui “cinquemila”, nel ’57, io uscii dallo Stadio correndo con quel suo stile tutto particolare tra il civile e il militare, quasi una pazzesca corsa dell’oca… : arrivai tutto d’un fiato fino al quarto piano di casa mia, facendo le scale due a due! E poi, quanto correre e socializzare nei giardinetti, nelle strade, intorno ai palazzi e alle “buche” di Viale Mazzini e del Foro, dove oggi gravano la Corte dei Conti e la Piscina Olimpica . Quante sgroppate con amici ora perduti o ritrovati, mai persi o scomparsi tra le nebbie di Borea, ma con cui continuo a correre durante le mie notti sognanti, ma anche adesso che sto vagheggiando a occhi aperti. In questi giorni si gela, ma chi ha corso con neve pioggia e ghiaccio nelle grandi kermesse tra studenti e “liberi” della Coppa “Speranze” al Galoppatoio di Villa Borghese, chi coglieva il premio di un sorriso da Alfredo Berra , una incitazione dai fratelli Macale, un incoraggiamento da Probo Zamagni o una battuta dal prof. Argante Battaglia, chi tornava di corsa alla Farnesina sudato e al buio per fare una doccia fredda, non può che continuare a correre, per scaldare cuore e cervello. Ecco, l’atletica dei sogni, quella più elementare della corsa a qualsiasi andatura, quella che dovrebbe fare della teoria la pratica, quella attività motoria che tanto manca ai nostri ragazzi, proprio perché il virtuale e le “seghe” mentali spesso sostituiscono la elementarità delle cose, a cominciare dalla pratica sportiva. Pensatela come volete, ma io rimango nel mio “dream”, alla mia corsa che oggi per me continua negli atteggiamenti, nell’idea di non fermarmi mai e che con me continuino a correre tutti quei bambini, ragazzi, giovani, buoni maestri, compagni di tante occasioni, dei tanti straordinari momenti di cui continuo a vivere le sensazioni, correndo lungo la pista onirica de “L’ATLETICA DEI SOGNI”.
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