COSTITUZIONE, SPORT, SCUOLA, FAIR PLAY – Tre giorni fa al Palazzo della Provincia di Isernia e ieri al Circolo del Tennis – Foro Italico, a Roma, sono andati di nuovo in scena “together” la COSTITUZIONE ITALIANA, orfana dello sport , la SCUOLA, carente di una attività di altissima funzione educativa, come lo SPORT e di una essenziale filosofia valoriale, come il FAIR PLAY. Nel primo evento, “LE STELLE DI NATALE” , ventennale appuntamento di sintesi con premiazioni per l’associazionismo a cinque cerchi molisano, ho avuto il compito di fare il “punto” sul vissuto sportivo e sulla necessità di fair play degli italiani, ricordando la presa d’atto con il recente appuntamento degli “Stati Generali”, la storica anticipazione del “sannita” Francesco De Sanctis con la Legge sulla Ginnastica Educativa del 1878, le geniali intuizioni di Lando Ferretti nel 1927 e il vulnus costituzionale , nonché l’abbandono dell’attività motoria da parte della scuola primaria dal 1947. Nel secondo evento, istituzionale e strategico, ieri, con una prima fila riservata a dodici federazioni e l’Ente Paralimpico, oltre gli atleti “azzurri” testimonial per “SCUOLE APERTE ALLO SPORT “, il Presidente del CONI, Giovanni Malagò e la Ministra della Pubblica Istruzione, Valeria Fedeli , hanno tessuto le lodi e messo l’accento sulle qualità valoriali di una seria educazione attraverso la pratica sportiva e una profonda trasfusione dei valori etici, dei principi del rispetto, attraverso la cultura del fair play, nelle “primarie” e nelle “secondarie “ con particolare attenzione al primo livello. Mai come in questa fase, noi del Comitato Nazionale Italiano Fair Play, che eravamo riusciti negli anni ad avere i massimi riconoscimenti di merito nel contesto europeo e internazionale , ci siamo sentiti utili, seppure “separati in casa” da un sistema italico, che identifica la benemerenza come una forma di pensionamento o di ruolo accessorio, poco più che formale (un solo rappresentante nel Consiglio Nazionale CONI per ben diciannove organizzazioni) . Ecco, se da una parte siamo davvero compiaciuti che il governo dello sport e quello del Paese convergano finalmente su questioni strategiche – che riguardano gli italiani più che l’élite degli agonisti da mandare in medaglia – dall’altra abbiamo percepito che l’essere utilizzati nella condizione di umili servitori della causa può essere esaltante, ma anche un limite, una negatività per l’intrapresa, che abbisogna di volontari blasonati, consapevoli della loro condizione , ma giustamente motivati . Non sempre il riconoscimento formale equivale a riconoscenza, anzi spesso o quasi sempre viaggiano su binari diversi. Del resto, se il futuro politico del Paese riserva incognite assolute, se gli appuntamenti con le opportunità olimpiche – in Italia – sono rinviati verso la metà del secolo XXI, se le coppe e le medaglie , i palmares e i medaglieri hanno fatto l’Italia vincente, ma carente per qualità e quantità della pratica sportivo motoria, con danni gravi alla salute fisica e mentale degli italiani, ci sarà pure motivo per estrapolare risorse umane esclusive e valori certi per esperienza e conoscenza, per cultura consolidata , da dove si trovano. Ecco, che con la novità del Dipartimento Responsabilità Sociale, si comincia a muovere qualcosa che va oltre lo spot, si cominciano ad utilizzare fondi europei e ministeriali, sponsor di peso, si appalesa una azione di tipo genieristico. Proprio per questo penso sia giunto il momento di recuperare il tesoro riposto in un angolo del sistema sportivo, assolutamente non oneroso per il bilancio del CONI, che destina appena lo 00,15% appunto alle Associazioni Benemerite, attualmente impegnate in progetti che non esaltano le loro straordinarie peculiarità. Ma qual’ è il problema di fondo, l’obiettivo da cogliere, se non quello della conoscenza, della capacità di trasferire l’esperienza consolidata nella progettualità, di avviare una strategia di breve, medio e lungo termine, di riconoscere, includere e condividere, facendo leva anzitutto sui fondamenti e i fondamentali dello sport italiano, prima ancora e non solo che su apporti esterni? A quasi due secoli dall’arrivo del ginnasiarca Rudolf Obermann a Torino, siamo ancora lontani dal comprendere la vera importanza della nostra storia, della consapevolezza delle origini, della necessità di mantenere sane e salde le nostre radici, realizzando , in primis, quel Museo Nazionale dello Sport Italiano, da cui non si dovrebbe prescindere, tanto quanto dallo stesso inserimento dello sport nella Costituzione. (foto Mezzelani/CONI)
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