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Quattro Novembre, come speranza e monito

Quella di oggi è una data molto particolare, per quanto accaduto e accade, per quanto ci attende nel futuro. E vengo al dunque, perché se l’anniversario rappresenta il centenario della pacificazione , dopo la tragica Prima Guerra Mondiale con almeno quindici milioni di morti tra militari e civili, di cui un milione duecentomila italiani, ricorda anche la catastrofe dell’alluvione a Firenze e Venezia di cinquantadue anni fa, puntualmente riproposta su scala nazionale diffusa e con le altre vittime di questa notte. Al disastro ambientale sulle alpi, con intere foreste distrutte, fanno eco le esondazioni siciliane, dopo il flagello del Mar Tirreno sulle coste della Liguria, come nel Lazio, dove la devastazione di Terracina assume il ruolo di atroce simbolo. Ma cos’è che mi preme evidenziare e che deve essere assolutamente percepito, compreso? Credo che non occorra essere uomini di scienza e nemmeno cartomanti per prevedere il futuro che ci attende, se non organizziamo le difese preventive nel breve e la strategia complessiva di resilienza, come ci insegna Sergio Astori, per affrontare le dure prove che ci attendono nel futuro. Purtroppo, la globalizzazione celebrata per l’economia, l’informazione, lo sport, i flussi migratori e le pandemie, riguarda anche e soprattutto ahimè il clima del Pianeta Terra, con tutte le sue variabili anche perverse ed ora prevedibili dato il degrado di cui siamo compulsivamente colpevoli. Tanto per capirci, la perturbazione “tropicale”, monsonica, che ha ucciso milioni alberi ed insieme a loro irreparabilmente la biodiversità collegata, preparando la fase successiva delle frane, delle valanghe e del dissesto idrico, ha avuto ed ha origine atlantica. Dobbiamo uscire dal dormiveglia in cui vivevamo, pensando a tifoni ed uragani, come fenomeni da noi lontani, di un altro mondo. Cari amici, i venti ben oltre i limiti di velocità che hanno spazzato via tetti e finestre, cornicioni e campanili, alberi centenari come fuscelli, fin dentro il cuore delle nostre città , costituiscono un segnale che non può essere eluso, rimosso, come purtroppo ci accade sistematicamente, anche dopo i peggiori terremoti. Dobbiamo renderci conto che, come capita con un silenzioso subdolo killer, l’amianto, l’unico imperativo è prevenire. E questo è stato ed è anche il senso del messaggio etico lanciato dal mondo dello sport mercoledì scorso, nel Salone d’Onore del CONI, mentre il Governo annunciava il progetto della Agenzia Nazionale per lo Sport e la Salute. Non c’è dubbio che il Paese ha bisogno di alzare drasticamente il livello di qualità della salute, promuovendo la cultura motoria e del corretto stile di vita con vantaggio generale ed anche significativamente economico per il bilancio dello Stato. Sappiamo anche che tra dire e il fare ci sono di mezzo straordinari problemi da affrontare e risolvere, vulnus causati da pavidità e inerzia di chi per decenni ha eluso, più o meno consapevolmente ignorato, più o meno neglettamente osteggiato in nome di una autonomia, che si richiama idealmente all’autorità morale di Olimpia, quella che sospendeva i conflitti in occasione dei Giochi ventisette secoli fa, che oggi ha ancora una straordinaria forza di suggestione, com’è capitato anche quest’anno con le Olimpiadi Invernali di PyeongChang, ma che pure non prescinde da questioni di politica, di religione e di economia, com’è ovvio che sia. E allora ? Allora, adesso si potrebbe aprire veramente il momento di una seria riflessione, sulla necessità irrinunciabile di trovare una quadratura di crescita sociale e di sviluppo attraverso la promozione della cultura sportiva, partendo da quello che c’è per arrivare a quel che verrà, posto che occorreranno molte più risorse di quante oggi ne disponga il CONI per contributi da parte dello Stato. Diciamo che il Bel Paese si trova, simbolicamente e praticamente, oggi 4 novembre 2018, ad un crocevia e deve scegliere la direzione giusta per “lanciare la palla e correre”, quella direzione che la generosità e il coraggio degli sportivi vide – centodue anni fa sul fronte di Monfalcone – in prima linea un personaggio straordinario come Enrico Toti, ardimentoso tuffatore tiberino e ciclista della ormai centenaria Società Sportiva “Audace”, che ebbe la forza di scagliare con la stampella il suo cuore oltre il traguardo.

Ruggero Alcanterini

Direttore responsabile de L’Eco del Litorale

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