(Adnkronos) – “La community di associazioni che lottano contro l’Hiv interloquisce in modo molto costruttivo con le istituzioni e le company farmaceutiche. Tutti insieme abbiamo una forza che non è indifferente e possiamo interagire in maniera attiva. Quello che manca è il coinvolgimento più forte delle istituzioni. Siamo nel Cts (Comitato tecnico scientifico, ndr) al ministero della Salute, nelle commissioni regionali Aids. Non in tutte le regioni e le città, però, quello che viene fatto è nei tempi che servirebbero. Il lavoro che fanno insieme clinici, associazioni e company è un lavoro molto bello e produttivo, nel rapporto con le istituzioni è più complesso”. Così Massimo Cernuschi, presidente Asa, Associazione solidarietà Aids Odv di Milano, intervenendo oggi al webinar dal titolo ‘L’unione fa la forza: clinici, pazienti e aziende insieme per il benessere della persona con Hiv’, il secondo appuntamento del ciclo ‘Parliamo di Hiv oggi. Per guardare al domani’, promosso da Adnkronos in collaborazione con ViiV Healthcare e disponibile sui canali web e social del Gruppo editoriale.
All’evento hanno partecipato anche Claudio Mastroianni, presidente della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit) e Maurizio Amato, presidente e amministratore delegato ViiV Healthcare Italia. “Da quando mi occupo della cura e gestione della persona con Hiv – aggiunge Mastroianni – ho sempre vissuto in maniera positiva il rapporto con industria e associazioni. Negli ultimi anni il rapporto è nettamente migliorato. Ma è chiaro che deve essere un tavolo continuo di aggiornamento e di collaborazione con il rispetto dei ruoli di ciascuno. Come società scientifica, in tutte le occasioni, anche a livello ministeriale, vogliamo sempre coinvolgere tutti gli attori perché riteniamo che solo attraverso una sinergia paritaria, si possono raggiungere i risultati sperati. Ci deve essere una massima collaborazione tra tutti gli stakeholder”. L’associazionismo ha innescato, “un meccanismo virtuoso – osserva Amato – che ha sfidato l’industria farmaceutica a pensare non solo per i paesi occidentali, ma anche per quelli in via di sviluppo, a risorse limitate, per assicurare che la visione ‘no patient left behind’ (nessun paziente lasciato indietro, ndr) non riguardi solo i pazienti ricchi, ma tutto il mondo. Oggi esistono circa 39 milioni di pazienti con Hiv-Aids e, di questi, 3/4 sono in Paesi in via di sviluppo. Lo stimolo delle community dei pazienti è importante perché, purtroppo, si continua a morire di questa malattia”. Questa associazioni “ci aiutano a ricordare che c’è ancora molto da fare. Il lavoro comune tra clinici, industria e community è fondamentale”. Nell’ambito dei bisogni assistenziali le associazioni hanno “un ruolo importante perché ci informano – spiega Mastroianni – di quali siano i bisogni e di come questi cambino costantemente”. Come Società scientifica “collaboriamo con le industrie che ci supportano negli eventi formativi, di aggiornamento e congressuali, sempre in maniera non condizionata. Oggi – ricorda il presidente Simit – la persona con Hiv desidera terapie che non alterino l’equilibrio della vita normale”. Grazie a farmaci orali quotidiani o terapie long acting, che si somministrano con un’iniezione al mese, “la situazione è notevolmente migliorata, ma la persona con infezione Hiv – continua Mastroianni – dovendo prendere la cura per tutta la vita, ha bisogno di una terapia semplice, che non comprometta le sue abitudini di vita, efficace e non aggravata da effetti collaterali o interazioni farmacologiche con altri farmaci che servono al trattamento delle malattie legate all’invecchiamento”. Dal punto di vista di efficacia e comodità del trattamento, “andiamo sempre meglio – rimarca Cernuschi – Il problema è l’informazione rispetto all’infezione da Hiv. L’obiettivo è rendere l’Hiv una infezione spenta, che non viene più trasmessa, e questo obiettivo si ottiene trattando tutte le persone con Hiv. Questo può avvenire attraverso la terapia, ma anche attraverso una informazione più capillare sulla popolazione. Chi ha una carica virale negativa non si ammala e non può infettare nessuno. Questo è un messaggio fondamentale per togliere lo stigma verso l’infezione da Hiv e tra le persone infette. Anche perché, il più delle volte, queste persone hanno un auto stigma, cioè la paura di essere discriminati”. Chiaramente “servono nuovi farmaci, nuovi trattamenti – ribadisce Amato – in risposta al continuo cambiamento del virus Hiv che, mutando diventa difficile da eradicare. Siamo impegnati nel breve, medio e lungo termine con nuovi farmaci volti a migliorare la qualità della vita e a ridurre i rischi di potenziale tossicità nel lungo termine. Nel futuro – illustra il presidente e amministratore delegato Italia di ViiV Healthcare – lavoriamo a nuove classi di farmaci in grado rispondere a problemi legati alla resistenza. La Prep, profilassi pre-esposizione, è un’altra area improntate che si potrà affiancare alla terapia e che si rivolge non alle persone che hanno già vuoto il contagio, ma che possono evitare di contrarre l’Hiv. Nel lungo termine, abbiamo un impegno molto importante con Università, terze parti e altre aziende per arrivare all’eradicazione del virus. Gran parte di questa ricerca – Prep, long acting, farmaci in grado di superare la resistenza – sono già in produzione nello stabilimento di Gsk di San Polo di Torrile, in provincia di Parma, dove abbiamo previsto un investimento ingente da parte dell’azienda, nei prossimi anni”. —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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