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I COME I DOVE E I PERCHE’ DELLO SPORT

 – Succede che ci si interroghi sul senso della vita e magari sui perché di certe scelte. Avrete provato come me a chiedervi del come si verifichino certe congiunture astrali, per cui noi umani con la capacità aliena di astrarci dalla pura realtà legata alla sopravvivenza, ci si impegni, magari per sempre, in attività che all’apparenza sono del tutto effimere, non essenziali per il sistema, al punto da essere ridotte o inibite senza remore, in caso di emergenza, com’è capitato adesso con la pandemia da COVID19, piuttosto che ieri e nel presente per via delle guerre. Per questo, non vi nascondo che dopo quasi settant’anni di mio ininterrotto coinvolgimento nello sport, da agonista e da dirigente, qualche dubbio sulla natura di tale mia pervicace appartenenza o addirittura dipendenza mi è venuto. In buona sostanza, non so esattamente perché, ma sicuramente conoscendone il come, io come altri milioni di soggetti sul Pianeta sono rimasto contagiato nella più tenera età da un fattore di carattere emotivo, di straordinarie qualità etiche, di alto valore educativo e soprattutto funzionale al principio sociale per eccellenza, quello del volontariato attivo. Insomma, irretito, una chiamata vocazione capace di scatenare ed esaltare qualità talentuose, ma anche di innescare percorsi missionari. Ma perché questo soprassalto evocativo d’oggi? Perché, care ragazze e ragazzi, che con me avete percorso e state percorrendo il sentiero gioioso del libero pensiero nel libero sport, che non siete condizionati più di tanto da chi dello sport fa professione e da questa trae vantaggi anche notevoli, volendo dare risposta agli interrogativi che prima o poi ci si impongono, dobbiamo coraggiosamente prendere atto che dello sport non c’è certezza, nel senso che quanto lo sovraintende istituzionalmente è in buona parte eccentrico, fuori misura e inadeguato, perché calibrato da eccesso di burocrazia e condizionato da pulsioni comuni, che peraltro non prescindono da quanto di più omologo e vincolante interferisce, ovvero il potere combinato al vile valsente. Non voglio avviarmi sul piano inclinato, in su o in giù, dei ricordi e dei sentimenti, pensando a chi tanto ha dato senza mai nulla pretendere, né tanto meno ricevere, che tanto ha seminato e realizzato, che ha creato le premesse per quello che dovrebbe essere il vero obiettivo statuale, oggi ancora esorcizzato ma non attuato, secondo le visioni che furono di Don Gnocchi e Don Bosco, di De Sanctis, di De Amicis, di Mosso in conflitto con Baumann, degli editori e giornalisti Costamagna e Cotronei, di Notari e dello stesso futurista Marinetti . La nascita del Corpo dei Volontari ciclisti ed automobilisti era del 1905… e nel 1906 il senatore Lucchini fondava l’Istituto Nazionale per l’Incremento dell’Educazione Fisica. La FASCI, cattolica, del conte Carpegna nasceva nel 1907… La nuova Legge per l’Educazione Fisica, firmata da Rava e Daneo, arrivava nel 1909. Insomma, Maffi e poi Gentile, Ferretti e la sua visione/invenzione, condivisa nel 1927 da Augusto Turati in pieno periodo fascista, quindi il CONI col fascio littorio tra i cinque cerchi, le Federazioni e l’OND; Gedda e Berlinguer, dopo la Guerra, Giammei, Zauli e l’ultimo dei guru dello sport dei “liberi”, Berra, come decine di altri onusti propugnatori del diritto allo sport. Tutti elementi portanti della rete sociale più grande che c’è, che dovrebbero essere riconosciuti come i fondamentali, sul cui insegnamento incardinare il movimento dello sport come fatto di alto significato morale, con quel che si eredita di positivo dall’esperienza di un fenomeno come quello della promozione sportiva, a prescindere dall’alto livello e dai podi olimpici, nonché dal professionismo sportivo, che torno a ripetere è cosa a se, anche se rappresentativo tout court dello sport per l’immaginario collettivo e per i “pifferai magici ”abituati ad enfatizzare l’apparire. Stesso ragionamento va fatto per il mondo delle Associazioni Nazionali qualificate e riconosciute, ma non adeguatamente trattate, come ”Benemerite”. La società civile italiana è formalmente orfana dello sport, perché per pregiudizio i padri costituenti lasciarono fuori la materia delle loro carte, dalla Costituzione, relegandola a ruolo secondario di Governo, ovvero a nessuna competenza diretta delle Camere e ad una delega di Governo possibile, ma senza dignità, senza portafoglio. A sua volta lo sport, nelle sue espressioni istituzionali, CONI e Sport e Salute, lascia da decenni ai margini appunto le Benemerite, che pure sono diciannove, storiche, di nobili origini, vocate a compiti di non secondaria importanza, contraddistinte dalla peculiarità del volontariato e ognuna con compiti mirati per situazioni e competenze, che non trovano altre risposte per lo sport e per altre esigenze della collettività più in generale. Altri vulnus da colmare, sul fronte storico e culturale, la mancanza del Museo Nazionale, di adeguati Archivi documentari, di significative attività di approfondimento, di promozione e di valorizzazione per migliaia di realtà in beni alienabili, compresi impianti e società centenarie, il non impiego di decine di migliaia di quadri, come dirigenti ed atleti insigniti al merito sportivo, di reti orientate alla promozione di attività di fair play, di sostegno alle disabilità, alla qualità dell’impiantistica, alla lotta contro doping e droga, piuttosto che alla qualificazione della stampa sportiva, etc. Le Associazioni Benemerite devono condividere un solo rappresentante nel Consiglio Nazionale del CONI e sono supportate da contributi assolutamente minimi e non mirati all’esaltazione dei ruoli statutari. Ecco dunque che ritorno all’inizio del ragionamento, al COME, DOVE E PERCHE’ DELLO SPORT, al fatto che la ruota gira, gira ma, pur con buone fortune agonistiche, senza esprimere poi mai adeguatamente e concretamente il proprio peso per determinare un orientamento politico istituzionale adeguato, per dare risposte e opportunità all’intera collettività, perché la qualità della vita cambi, magari adesso, dopo 143 anni dal fatto che segnò la svolta, con una visione allora ultra moderna, la Legge De Sanctis del 1878. Quando chi opera senza privilegi, né tornaconti, trascorso in gran parte il proprio ciclo d’impegno anche terreno, è prossimo a cedere il testimone, capita appunto che ci si interroghi sui PERCHE’, senza prescindere dai COME e infine, cercando di capire il DOVE si voglia e si possa andare a parare, almeno per dare un senso compiuto a quello che si è fatto e a quello che rimane da fare.

Ruggero Alcanterini

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Ruggero Alcanterini

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