Le mareggiate stagionali non si fermano per decreto. Serve un nuovo modello di fruizione delle coste basato sull’interesse pubblico e sulla tutela ambientale. Le verifiche sulla conformità delle strutture abbattute dalle mareggiate siano propedeutiche alla richiesta di stato di calamità naturale.
“Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose” diceva Albert Einstein. Ed aveva ragione. Gli effetti dei cambiamenti climatici in atto impongono una seria riflessione sugli interventi da porre in essere per tutelare al meglio le nostre coste. E’ noto, gli arenili hanno subito negli anni un costante processo di erosione che ha ridotto in modo consistente la profondità delle spiagge in molti tratti del litorale nei quali ricadono anche le spiagge in concessione. La sovrapposizione degli effetti determinata dai processi erosivi e dalle mareggiate stagionali, sempre più frequenti, sempre più violente e che non possono essere fermate per decreto, è sotto gli occhi di tutti e si manifesta plasticamente con strutture distrutte, semi distrutte, spesso finite in acqua determinando anche un danno ambientale non di poco conto. Ma le articolazioni del problema non sono finite qui perché c’è poi il tema di come utilizzare le risorse pubbliche per riparare ai danni determinati dalle mareggiate stesse. Stanziare iterativamente fondi pubblici per ripristinare strutture danneggiate e/o distrutte dalle mareggiate stagionali, senza per altro una visione integrata che metta al centro la tutela delle coste e l’interesse pubblico, rischia di essere uno sperpero di risorse pubbliche poiché le stesse strutture, una volta ripristinate, saranno con elevata probabilità danneggiate o distrutte da eventi naturali non più “imprevedibili” come le mareggiate. La soluzione può essere quella di riposizionare ciclicamente sugli arenili delle strutture che quasi sicuramente il mare abbatterà durante i mesi autunnali ed invernali? Assolutamente no. Su questo aspetto in modo molto chiaro interviene la normativa regionale vigente, così come le Ordinanze Balneari ad essa conformate, attraverso obblighi e prescrizioni per i concessionari i quali, in sintesi, per mantenere sull’arenile anche le strutture di facile rimozione devono richiedere le apposite autorizzazioni. Con la Mozione approvata in aula chiediamo, a salvaguardia dell’ambiente e a tutela dell’interesse pubblico, che tutte le necessarie verifiche dei titoli abilitativi, delle autorizzazioni, dei pareri e degli altri atti di assenso comunque denominati previsti dalla normativa vigente in materia, di tutte le strutture funzionali alle attività di balneazione presenti nelle concessioni demaniali marittime danneggiate a seguito di mareggiate e/o eventi calamitosi in genere siano propedeutiche ad ogni eventuale richiesta di dichiarazione di stato di calamità naturale promossa dall’amministrazione. Inoltre, nella seduta di Giovedì scorso, abbiamo approvato anche una delibera di consiglio necessaria al fine di procedere alla rimozione di recinzioni, cancellate, siepi ed altro che ostacoli la libera visibilità e accessibilità del mare di Roma. Questi atti costituiscono il primo passo verso un nuovo modello di fruizione del mare e delle spiagge che anteponga l’interesse pubblico a qualunque altro tipo di interesse del resto, come ci ricorda un antichissimo proverbio cinese, “Ogni lungo viaggio inizia con un primo passo”.
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Marco Possanzini, Capogruppo Sinistra Civica Ecologista Municipio Roma X – Sinistra Italiana