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Cronaca

Omicidio Mollicone: i giudici, indizi non sono diventati prova, Tuzi “contraddittorio e incerto”

“L’indizio è definito come una prova critica o indiretta attraverso la quale da un fatto certo, per inferenza logica, attraverso regole di esperienza consolidate e affidabili, si perviene alla dimostrazione del fatto incerto da provare secondo lo schema dei casi del detto sillogismo giudiziario”. Così viene definito l’indizio utile alla prova, nel dispositivo di sentenza con cui la corte d’assise di Cassino, ha assolto dal reato di omicidio di Serena Mollicone l’ex maresciallo dei carabinieri Franco Mottola, il figlio Marco e la moglie Annamaria. I tanti indizi che, secondo i giudici non sono diventati prova in dibattimento e, per questo, gli imputati sono stati assolti. Il processo è arrivato a 20 anni dal compimento del delitto, da quando, il primo giugno 2001, la 18enne di Arce scomparve e il suo corpo venne ritrovato legato con la testa avvolta in un sacchetto. Sul suo volto una ferita ma la morte sarebbe sopraggiunta per asfissia. Sotto processo sono finiti l’ex comandante della stazione di Arce e la famiglia, oltre a due carabinieri.

Il 15 Luglio dello scorso anno la sentenza di assoluzione e, ben oltre i 6 mesi previsti, oggi è stata depositato il dispositivo di sentenza. “Gli esiti dibattimentali non offrono indizi gravi, precisi e concordanti sulla base dei quali possa ritenersi provata, oltre ogni ragionevole dubbio, la commissione in concorso da parte degli imputati nella condotta omicidiaria contestata”. Si legge nelle motivazioni. “Come già ampiamente esaminato – scrivono ancora i giudici di Cassino – numerosi elementi indiziari costituenti dei tasselli fondamentali dell’impianto accusatorio del Pm non sono risultati sorretti da un sufficiente e convincente compendio probatorio”. La procura aveva accusato l’ex comandante della stazione dei carabinieri di aver depistato le indagini ma i giudici hanno sostenuto che “non sono stati provati molti degli asseriti depistaggi che secondo l’accusa il Maresciallo Mottola avrebbe compiuto in sede di prime indagini”.

In dubbio anche la presenza di Franco Mottola nel suo alloggio, nell’ora in cui, secondo la pubblica accusa, sarebbe stata aggredita Serena. Secondo la Procura la ragazza sarebbe stata aggredita nella tarda mattina del Primo giugno all’interno degli alloggi della caserma di Arce, ma secondo i giudici che fanno riferimento agli ordini di servizio della stazione di Arce, proprio del primo giugno, “dei quali, non solo non è stata provata la falsità, ma sono emersi numerosi elementi di segno contrario che inducono a ritenere, sulla base delle risultanze e valutazioni già svolte, che i citati servizi esterni siano stati effettuati dai militari interessati. Si tratta – si legge ancora – di un passaggio importante sotto il profilo probatorio, in quanto ne consegue il collocamento del maresciallo Mottola dalle 11 alle 14:30 in orario cruciale per la dinamica delittuosa contestata, non presso gli alloggi privati, come sostenuto dalla procura, ma in quelli di servizio in caserma”.

A Franco Mottola veniva anche attribuita la colpa di aver portato il corpo della ragazza morta nel boschetto in località Anitrella. Dai tabulati telefonici e dalle deposizioni testimoniali emerse nella fase dibattimentale “Franco Mottola la notte tra l’1.6.2001 e il 2.6.2001, si deve escludere che dal momento della denuncia della scomparsa il medesimo abbia avuto il tempo e modo di andare a collocare il corpo di Serena nel boschetto di Fonte Cupa”. Smontata anche la pietra miliare dell’accusa, le dichiarazioni del Brigadiere Santino Tuzi che, secondo i giudici, presentano “molteplici profili di criticità, sia sotto il profilo della credibilità soggettiva del dichiarante, che dell’attendibilità intrinseca delle sue dichiarazioni”.

Santino Tuzi è il brigadiere dei carabinieri che il primo giugno era in servizio alla portineria della Caserma di Arce e che 7 anni dopo l’omicidio, preso a sommarie informazioni dagli investigatori, in due circostanze dichiarò che intorno alle 11 Serena entrò in caserma per dirigersi verso l’abitazione della famiglia Mottola. L’ultima dichiarazione la fece il 9 aprile 2008, due giorni dopo si suicidò. Secondo i giudici della corte d’assise di Cassino Tuzi ha reso le sue dichiarazioni “in una posizione di ‘debolezza’” dovuta al fatto di essere stato “tartassato, nonché minacciato” dal suo superiore “di essere arrestato per essere coinvolto o comunque a conoscenza dei fatti inerenti l’omicidio di Serena Mollicone”. Le versioni offerte da Tuzi zono apparse “contraddittorie, incerte, confuse e mutevoli, frutto di suggestioni e ricostruzioni dal medesimo effettuate sul momento, alla luce degli elementi che gli venivano via via offerti”.

redazione

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