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OLIMPICI, PARALIMPICI E NORMODOTATI: A CHE GIOCHI GIOCHIAMO?

Dopo l’apoteosi olimpica, a Tokio va esplodendo il trionfo stellare paralimpico degli “azzurri”, peraltro a colpi di record iridati. Il prossimo 23 settembre, con le scuole già aperte, i nostri coronati d’ulivo saliranno al Colle per restituire al Capo dello Stato la bandiera difesa con tanto onore. E dunque, sicuramente onore al merito degli atleti e dei loro tecnici, dei dirigenti che li hanno saputi supportare e guidare vittoriosi al traguardo. E poi ? Ecco di nuovo quel poi, che inesorabilmente arriva dopo il compimento di ogni ciclo quadriennale, quando gaudiosi celebriamo le nostre eccellenze e finiamo per dimenticare gli “ultimi”, senza dei quali non ci sarebbero i primi, ma soprattutto quell’immenso e sfocato ambito, quello di mezzo, in cui decine di milioni di ignoti e invisibili si trovano impantanati, senza ausilio competente, nello svolgere attività fisica in modo precario o nell’attesa di opportunità motorie funzionali alla salute e magari ad una migliore qualità della vita sociale. Paradossalmente questo non riguarda soltanto adulti, terza e quarta età, ma soprattutto bambini e ragazzi, giovani in età scolare e universitari. Insomma, il Governo e con esso tutti quelli che hanno ruolo e responsabilità, nel gioire per le medaglie, dovranno preoccuparsi della forbice che vieppiù si allarga per il Bel Paese, quart’ultimo per attività fisica in Europa e diciassettesimo nella classifica mondiale dei sedentari, con tutte le conseguenze del caso. Ma perché siamo così conciati, pur essendo tra i migliori sul podio? Purtroppo, si tratta di un combinato disposto o forse “È tutto un complesso di cose”, come Paolo Conte mirabilmente ci suggerisce.
E allora? Allora, per cominciare a capire i perché e da dove iniziare, provate a leggere quel che scrissi un po’ di tempo fa …
…LA SCUOLA DEI BAMBINI, LE VECCHIE ZIMARRE E I SUONATI TROMBONI – Sì, adesso che l’anno scolastico è sui blocchi di partenza e ricompaiono puntualmente migliaia di fantasmi accanto a cattedre vuote, ci si arrovella sulle carenze vecchie e nuove di una istituzione mai seriamente trattata. Per questo, non a caso, mi ritorna in mente Maria Montessori, luminare mondiale nel campo dell’educazione, tra i pochi personaggi degni di essere rappresentati sulla nostra carta moneta, la più diffusa, le ultime Mille Lire dell’italica storia . Eppure la pubblica istruzione, fondamentale pietra angolare della nostro società, è rimasta sinora colpevolmente orfana di una adeguata attenzione proprio per coloro che maggiormente hanno capacità di apprendimento, i bambini da zero a dieci anni, cui l’illustre Montessori aveva dedicato tutta la sua scienza e la sua esistenza. Se poi entriamo nello specifico e cerchiamo di capire quanto l’educazione al movimento e l’attività motoria siano importanti se non fondamentali, allora è opportuno rileggersi qualche passaggio de “La scoperta del bambino”, che lei dette alle stampe nel 1948, quattro anni prima di passare in Borea da quel di Noordwijk, in Olanda, ultima tappa del suo missionario peregrinare. Lei raccomandava di profondere attenzione ed energie adeguate per esplorare il mondo in gran parte ignoto del bambino e delle sue straordinarie capacità cognitive, pensando al ruolo dei docenti, che doveva e deve pur essere adeguato, secondo quel suo metodo che, vecchio di oltre un secolo, continua ad essere straordinariamente moderno, troppo per noi, al punto di essere ancora marginalizzato. Diversamente, in altre latitudini del globo, il “Montessori” è stato assunto come la bibbia , come soluzione principe per fondamentali problemi di sviluppo dell’umanità. Ma, andando alla questione che più volte ho sollevato, relativa alla funzione educativa generale e a quella più specifica del movimento, vale la pena di ricordare che l’esperienza pratica della Montessori partì dalla innovativa, rivoluzionaria “Casa dei Bambini”, realizzata nel Quartiere Popolare di San Lorenzo a Roma, inaugurata il 6 gennaio del 1907, giusto il giorno dell’Epifania e un anno dopo replicata a Milano nell’ambito dell’Umanitaria. Dal 1913, con il sostegno della Famiglia Franchetti, iniziarono anche i corsi di formazione per docenti e la diffusione delle Case dei Bambini in tutto il mondo. Per troppo tempo si era pensato di mantenere il bambino inattivo, tarpandone le ali, per cui una visione completamente opposta non poteva e non può che passare per l’incentivazione dell’attività fisica. Partendo dal presupposto che i bambini hanno un bisogno fondamentale continuo di mobilità e attività fisica. Interi capitoli sono dedicati appunto all’attività motoria, alla ginnastica educativa, che fu al centro della stessa Legge De Sanctis del 1878, da ginnastica e disciplina a ginnastica e lavoro, a ginnastica e giochi, passando per talento, sensibilità, precisione analisi ed economia dei movimenti, per libera scelta delle azioni. Concludendo, a fronte delle attuali ventiduemila Scuole Montessori nel mondo, dagli USA al Giappone, dall’India all’Australia, in Italia sono appena centotrentotto, una ogni quattrocentoquarantamila abitanti, mentre in Germania sono millecentoquaranta e nel Regno Unito ottocento… Ma tant’è, ci vantiamo della nostra eccellenza montessoriana, sino a rappresentarla simbolicamente nell’ultima sfida tra le mille lire e l’euro, ma ci guardiamo bene dall’adottarla, sopraffatti dal rigurgito peloso delle stravecchie baronie dell’insegnamento e dagli interessi palesi e contrapposti di chi vede un pericolo nella laicità e nell’innovazione della scuola. Care vecchie zimarre e suonati tromboni, il giorno in cui si romperanno gli argini e dilagheranno principi montessoriani e di scienze motorie nell’istruzione del Bel Paese, opera “miliare” di Antonio Stoppani, nel 1876 e non a caso zio di Maria Montessori, allora l’Italia cambierà, recuperando quello che sinora ha elargito a beneficio della comunità internazionale e questo potrebbe combinarsi con l’avvento della “Generazione Millennials”, quella del futuro presente, che inesorabilmente verrà.
Ruggero Alcanterini

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Ruggero Alcanterini

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