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IL MONITO DI NOTRE DAME

Sono trascorsi due anni dalla catastrofe che dissolse parte della nostra bella ed orribile comune storia tra le fiamme. Mi riferisco alla Cattedrale di Parigi che ad oggi giace martoriata dalla presunzione d’immunità degli umani, che poco o nulla continuano a concedere alla prudenza, alla prevenzione ed al rispetto di se stessi. Ad un anno da quell’evento presago d’altre sventure, piangiamo anche la perdita della nostra identità dietro le maschere, della nostra libertà dentro le case e della nostra vita dentro strutture che dovrebbero proteggerci e risanarci, come nosocomi e gerontocomi. Accecati dall’avidità e dalla priorità effimera di una economia basata sugli artifici, piuttosto che sui valori fondamentali, naturali, come la salute del Pianeta e la nostra, abbiamo lesinato l’essenziale e corriamo verso il baratro, dietro diabolici pifferai. Disponiamo di parlamentari regionali, nazionali e continentali, ma per essere governati ci affidiamo a consulenti, task force, commissari e commissioni, sino a quella preponderante europea. A fronte dell’attuale labirintico sistema di meeting, breefing e conference rigorosamente “call”, le ammucchiate delle “sardine”, anche a Corona annunciato, le adunate di popolo appaiono oggi come fenomeni lontani, assurdi, semplicemente impossibili da immaginare.Altro che riottosi appuntamenti pre e post elettorali, altro che file ai seggi, prepariamoci a votare da casa, ad auto celebrarci e sbraitare davanti alle tv. Sarà il delirio per autodidatti e fai da te, musealizzeremo auto e moto, andremo in vacanza col pensiero, riesumando vecchie icone dei nostri trascorsi. Infine, prima di avviare la seria riflessione su quanto in realtà accadde ed accade intorno alla simbolica Notre Dame, vi invito a contare sino a dieci, prima di abbandonare il vostro buon ritiro, perché non possiamo concederci il masochismo raffinato della “roulette russa”, fintanto che i protocolli di prevenzione e protezione rimarranno comunque aleatori argomenti in discussione.
16 aprile 2019
NOTRE DAME, ANIME AL ROGO – Il primo pensiero, quello rivolto alla sofferenza, all’orribile, ma pur fatuo trapasso di tanta storia e con essa di tante anime che l’hanno fatta, animata, resa terribile e meravigliosa, com’è il frutto del nostro inesorabile, cinico divenire. Il fuoco che ha divorato in una sola notte quello che milioni di umani avevano riposto tra le pietre ed i legni di un tempio dalla vocazione antichissima sulle rive della Senna, Notre Dame, che ancora una volta assurge a simbolo. Simbolo, sì simbolo di una collettività controversa, capace di porsi sul ciglio della rivelazione, dell’incommensurabile oscuro vuoto tra le stelle, che l’hanno generata e subito dopo lasciar bruciare come Giovanna d’Arco, Savonarola o Bruno, piuttosto che Troia, la Biblioteca d’Alessandria o il cuore della Roma imperiale, quel luogo, appunto Notre Dame, da cui sono volate via anime pure e impure di una storia anche inquietante, passando per presenze ingombranti, da Filippo il Bello a Napoleone, a De Gaulle, a Sarkozy e Macron, alla sventurata idea di un incauto restauro. In realtà, Notre Dame, che sarà ricostituita nella sua immanenza in riva alla Senna, rimarrà un simbolo ancor più forte delle rinnovate sembianze, un simbolo ed al contempo un monito per ricordarci i fasti imperiali, come le nefandezze plebee, ovvero, al di la’ della retorica, che ci porterebbe ai convenevoli di circostanza, la necessità di ricordare per capire i nostri come, i nostri perché e magari farcene una ragione. Per questo, soltanto per questo, vi ripropongo quel che gridò Jacques de Molay, Gran Maestro dei Templari, giustiziato con rogo a fuoco lento sull’Isolotto di Pont Neuf , appunto di fronte alla Cattedrale di Notre Dame il 14 marzo del 1314: “”Desideriamo che i nostri volti siano rivolti alla Cattedrale di Notre Dame e desideriamo lodare ancora l’Onnipotente con il Te Deum, mentre il fuoco farà scempio delle nostre carni. Quanto a voi, miserabili, indegni di essere chiamati uomini, che avete infangato un Ordine Sacro, ascoltate attentamente: tu, Filippo, re della menzogna, e tu Clemente, fantoccio indegno del soglio pontificio, e tu, Nogaret, abile spia e concertatore dell’infamia e del disonore, ascoltate: sarete al cospetto del Santo Tribunale di Dio entro l’anno per rispondere delle vostre nefandezze!” – Il 20 aprile 1314 un morbo incurabile colpì papa Clemente V e durante i funerali una folgore bruciò il suo corpo nella stessa Cattedrale di Notre Dame. Il 29 novembre Filippo IV morì durante una battuta di caccia. Il 31 dicembre, Guglielmo di Nogaret, autore dello schiaffo a Bonifacio VIII in quel di Anagni, cessò improvvisamente il suo tortuoso percorso di vita, per una meningite. E come scrisse Dante:
«Perché men paia il mal futuro e ‘l fatto,
veggio in Alagna intrar lo fiordaliso,
e nel vicario suo Cristo esser catto.
Veggiolo un’altra volta esser deriso;
veggio rinovellar l’aceto e ‘l fiele,
e tra vivi ladroni esser anciso.»
Ruggero Alcanterini

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Ruggero Alcanterini

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