Sono stupefatto, da come una semplice piccola idea, ingenerata dalla reazione chimica provocata dal grande evento mediatico “WALK OF FAME”, possa improvvisamente materializzarsi un mondo rimasto per oltre 70 anni nel sommerso e nell’inconscio di tanti di noi, degli appassionati di sport, di boxe, ma anche di coloro che sono rimasti sensibili alla storia ed alla cultura di una città com’è Roma, grande e piccola, Capitale e “borgatara”, al contempo, una volta molto attenta ai suoi figli con i guantoni. Questa mattina, dopo l’ingresso di Tiberio Mitri e Duilio Loi nella WALK dei GLADIATORI, Alessandra Battaglia mi ha ricordato la figura di Gustavo Ansini, che noi tutti incontravamo in tuta da operaio allo Stadio delle Terme, oggi intitolato a Nando Martellini. Devo dire che Ansini era allora (1957 – 1967) un uomo palesemente provato dalla lunga, massacrante frequentazione del ring. Direi assolutamente omologo al Pugilatore del Quirinale, con la cartilagine delle orecchie impastata, cicatrici sul volto, naso schiacciato, Gustavo reagiva sistematicamente alle sollecitazioni della campanella, ad ogni gara di corsa prolungata, ad ogni ultimo giro, mettendosi in guardia, come all’inizio di un nuovo round. Imparai chi fosse proprio da Alfredo Berra, che lo salutava con voce nasale chiamandolo per cognome. Lui sorrideva, consapevole di avere davanti uno della stampa, che ben conosceva il suo passato di grande sfortunato protagonista della boxe mondiale. Berra mi disse: “Sai quest’uomo ha tenuto testa al Campione del Mondo Al Brown, nel ’35 a Parigi, senza titolo in palio, ha strappato un pari che era una vittoria. Poi, fino al 1945, credo abbia disputato centinaia e centinaia di match…”. Oggi, mi sento di vedere in lui, ripescandolo tra gli “iperborei” nella sua forma migliore, in compagnia del suo più grande avversario Alfonso, Teofilo “Panama” Al Brown, l’autentico indomabile ragazzo della Polisportiva Audace, quella a ridosso del Colosseo, dove Beniamino Gigli faceva lotta. Ansini, peso gallo, poi piuma, era nato nel 1910, passato a ventidue anni tra i professionisti, pugile dalla storia singolare e drammatica per gli avvenimenti che ne segnarono la vita, aveva uno stile molto personale difficilissimo da contrastare. Appena dopo diciannove combattimenti, intraprendeva la strada che doveva dargli notorietà in tutta Europa. Francia ,Inghilterra ,Scozia ,Belgio,Danimarca e Germania, lo videro protagonista contro i più forti pugili del momento. Di spicco le sue vittorie su Victor Young Perez , Jo Populo, Henry Sanchez,Johnny King ed i numerosi pareggi che ottenuti sui quadrati esteri significavano altrettante vittorie. Maurice Huguenin ,Jo Parisis, Frank Harsen ,Ginger Foran, Emile Famechon erano atleti sulla cresta dell’onda in quegli anni Trenta.Il combattimento finito in parità a Parigi , contro il campione del Mondo Al Brown ,con il quale si permise di gareggiare in linea tecnica, fu quello che gli diede la maggior notorietà . Nemo profeta in patria, un titolo comunque se lo meritava ed infatti conquisto’ quello italiano dei piuma davanti allo spezzino Grisoni, al termine di un combattimento molto equilibrato che si svolse allo Jovinelli nel cuore dell’Esquilino a Roma. Partito successivamente per il Sud America senza difendere la corona di campione italiano, decadde .Oltre Atlantico impose la sua tecnica ai campioni del luogo, malgrado i verdetti contrari e tornato in Italia passava tra i pesi leggeri dove riusciva ad ottenere un’altra opportunità per il titolo italiano, ma fu onorevolmente battuto dal celebrato maremmano Bruno Bisterzo. L’ ultima parte della carriera di Ansini, fu stravolta dalla guerra e da un grave dramma familiare : sotto il tragico bombardamento di San Lorenzo aveva perso ogni bene, l’amata moglie e la casa. Dopo, girovagò sui quadrati nazionali con più sconfitte che vittorie con il solo scopo di sbarcare il lunario. Il suo spirito era ormai segnato dalla tragedia che lo aveva colpito .Dopo il 1945, stimato e benvoluto, umile come sanno essere soltanto i grandi autentici campioni, si adattò a qualsiasi lavoro e il CONI di allora lo accolse come operaio allo Stadio delle Terme, dove noi lo abbiamo incontrato, ma non conosciuto per quello che veramente valeva. Lui era un grande tecnico e purtroppo anche un grande incassatore. A fronte degli 826 round, nei 96 incontri ufficialmente disputati contro i più forti picchiatori della terra, andò ko soltanto due volte e questa sua vocazione gladiatoria gli provocò quei segni distintivi, che lo nobilitavano come il Pugilatore di Lisippo. Gustavo, superati in solitudine gli ottant’anni, salì di nuovo sul ring nel 1992, a Roma, per raggiungere in Borea l’incredibile afro-americano Teofilo “Panama” Al Brown, il “gallo” da un metro e ottanta, riconosciuto dalla International Boxing Hall of Fame tra i più grandi pugili di ogni tempo, ricordandone le sfide epocali con Battling Battalino e Sixto Escobar, ma che con lui, audace ragazzo dell’AUDACE, si dovette accontentare soltanto di un clamoroso “pari” …
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