“Il desiderio di cadere” è un romanzo veramente ben confezionato, incensato dalla critica e molto apprezzato dai lettori. Qual è l’esigenza che ha mosso la scrittura di questo libro?
L’esigenza principale è quella di raccontare un presente sempre più alla deriva: crisi ambientale, guerre, algoritmi che scrivono storie…
Ci sono alcune frasi, episodi o capitoli che meglio rappresentano il romanzo?
Direi moltissime frasi. Per citarne una in chiave nichilista: “Le prime auto sfrecciavano come se fossero tutte in ritardo e pure la gente a piedi camminava di fretta. Nessuno mi prestava attenzione e il mondo sembrava perfetto così, cioè senza senso. Sollevai il capo e per pochi istanti ebbi l’intuizione che oltre il fondo blu del cielo non ci fosse più niente” Ce ne sarebbero poi altre in chiave un po’ più ottimista… lasciamo dunque al lettore scoprirle!
Guardando la tua biografia, come ricercatore in letteratura italiana, hai approfondito la forma romanzo tra Otto e Novecento. In che misura i tuoi studi accademici influenzano la tua scrittura?
Direi parecchio, soprattutto per quanto riguarda gli inserti meta narrativi, cioè quei momenti in cui il narratore si rivolge direttamente al lettore, commentando sia la vicenda stessa, sia più in generale l’arte di scrivere. Ad esempio, in questo ultimo mio romanzo, abbiamo un lungo inciso in cui il protagonista documenta il suo processo di scrittura.
E allora quali sono stati gli ostacoli principali al tuo processo di scrittura per la creazione di “Il desiderio di cadere”?
Dal momento in cui ho iniziato a scrivere l’incipit a quando ho messo un punto definitivo sono trascorsi quasi cinque anni. Dunque, direi troppo tempo.
Nel libro ci sono spesso riflessioni di natura esistenziale per un personaggio senza dubbio tanto profondo. Puoi commentare queste mie parole?
Sì, è vero, ci sono momenti introspettivi. Per ritornare a stare bene, il protagonista cerca di capire le cause del suo male; perciò, non è sufficiente restare in superficie, ma deve immergersi nel suo inconscio.
Tu Max scrivi per necessità interiore ma sicuramente per avvicinarti anche al tuo pubblico. Quali altri motivi muovono la tua scrittura?
La ricerca della bellezza. Credo cioè il compito di ogni forma d’arte.
Leggendo le varie recensioni, oltre alla nostra personale lettura, la sensazione è quella che la tua scrittura meriti un premio letterario di spicco, come ad esempio il premio Strega. Cosa ne pensi?
Apprezzo i commenti positivi sia dei lettori sia della critica. Alcuni sono davvero molto lusinghieri. In questo senso, un premio sarebbe certamente un’ulteriore gratificazione. Ben vengano. Ma non mi esalterei più di tanto. Eviterei quindi di nutrire il mio ego. Preferisco, infatti, metterlo sempre di più tra parentesi. Dunque, anche se ricevessi solo critiche negative, continuerei comunque a scrivere, perché questa forma d’arte, così come la musica, mi fa stare un bene!
Per finire, puoi descriverci le emozioni e le sensazioni che hai provato ad avere il libro per la prima volta nelle mani?
Un’emozione strana. È un po’ difficile da spiegare. Forse per aiutarmi a parlarne, dovrei scriverci una storia…
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