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Il mare si pulisce da solo dalla plastica: via in Giappone al progetto del 19enne Boyan Slat

Sfruttare le onde del mare e le correnti per raccogliere i rifiuti di plastica attraverso una grande barriera galleggiante: è questo il principio di Ocean Cleanup, il progetto che, realizzato circa un anno fa dal 19enne olandese Boyan Slat, verrà a breve installato per la prima volta al largo delle coste di Tsushima, isola tra Giappone e Corea del Sud. I bracci fluttuanti, lunghi 2.000 metri, convogliano la plastica verso compattatori alimentati a energia solare, senza disturbare le rotte di pesci e la vita di organismi marini. Il sistema di barriere ancorato al fondale è costituito da due bracci fluttuanti, disposti ad angolo lungo il percorso delle correnti per convogliare la plastica verso le stazioni che la raccoglieranno. La maggior parte della plastica si trova in superficie e le stazioni contengono frantumatori che raccolgono i rifiuti prima della fase di raccolta e riciclo. Un progetto pilota, nato con l’obiettivo di ripulire la Great Pacific Garbage Patch, la più grande isola di plastica tra le Hawaii e la California. Il giovane olandese ha vinto nel 2012 il Best Technical Design all’Università di Delft e, nel 2014, con una raccolta fondi online ancora in corso, ha raggiunto 2,1 milioni di dollari e ha potuto dare così inizio alla sua “avventura”. I test sono durati più di un anno e, come spiega Slat, è stata scelta l’isola statunitense come sito “privilegiato” perché “la corrente e le condizioni d’onda sono favorevoli per la sperimentazione e c’è tanta plastica” “Ogni anno – ha precisato – arrivano a terra 30mila metri cubi di rifiuti”. Secondo uno studio dell’Università del Connecticut negli oceani galleggiano 269 mila tonnellate di plastica, la maggior parte in forma di microplastiche. L’oceanografo Curtis Ebbesmeyer ha censito le maggiori concentrazioni di plastica individuando cinque isole-spazzatura: due nell’Oceano Atlantico, una nell’Indiano e due nel Pacifico, con un’estensione di milioni di chilometri quadrati. Quella del Pacifico settentrionale, la Great Garbage Patch, sarebbe grande come l’Europa, “alimentata” da una tonnellata di plastica al giorno. Da qui la difficoltà di ripulire totalmente i mari, obiettivo che per Slat invece è perseguibile proprio a partire dall’impresa più ardua: dopo l’isola di Tsushima, a essere “bonificata” sarà la Great Pacific Garbage Patch. Il progetto prevede di collocare, entro 5 anni, barriere lunghe circa 100 chilometri, che per Slat sono “in grado di catturare quasi la metà della spazzatura nella zona dell’isola”. Secondo il team di 100 scienziati e ingegneri che segue il progetto, la “barriera gigante” sarà in grado di portare a termine la sua “missione” nel giro di dieci anni.

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