Dubito di dover chiedere scusa ai piromani, posto che si rischia di dover scaricare su presunti malati mentali quel che appartiene alla sfera criminale. Tra sabato e domenica, la Sicilia è bruciata con le riserve naturali di Altofonte e dello Zingaro, San Vito Lo Capo, Selinunte, senza salvare l’area archeologica di Himera. Sono andati in fumo tremila ettari d’insostituibile, irrinunciabile bene comune, con alberi secolari, animali selvatici, fiori e insetti, insomma tutto quel complesso di vita, che costituisce per la collettività un ecosistema e per i vili dissociati una opportunità speculativa. Le montagne con i loro alberi secolari, quelli che erano sopravvissuti allo sbarco dei mille e degli alleati, adesso si ammantano del lutto, del nero rovinoso che sostituisce quel che era verde e gioioso, risorsa vitale. Adesso quelle anime vegetali sono state ridotte in cenere da chi non ha diritto di vivere tra gli umani e per carità nemmeno tra le bestie. L’origine delittuosa è testimoniata dalla molteplicità degli inneschi e dalla tempistica usata per aggredire il patrimonio arboreo ed attentare alla vita delle persone, che in quel contesto abitano. Non meno doloroso è stato il tributo pagato dalla Sardegna con trentuno incendi un po’ ovunque e qualche autore preso con il cerino in mano. A questo punto, però, occorre intimare a chi sovraintende alla sicurezza del Paese di assumersi seriamente le proprie responsabilità. Ricordiamo ancora con sgomento ed orrore la spaventosa esecuzione della Pinete di Castel Fusano, da parte di sciagurati recidivi, di cui non c’è memoria del nome e delle condanne, ma rimane il segno indelebile di quella che è stata una vera e propria evirazione di una territorio elettivo, che rendeva simbiotico il rapporto tra Roma e il mare. Ormai sappiamo che invocare la pioggia significa essere colpiti da altre calamità e quel che sta accadendo in Trentino la dice lunga, tanto quanto la caduta del pioppo a Marina di Massa, dove la vacanza per due sorelline è finita nel sangue. E allora? Allora, dobbiamo confermare che aver soppresso la Guardia Forestale, trasferendo le competenze a Corpi in tutt’altre faccende affaccendati è stata una colpevole castroneria, tanto quella di aver ridotto le Provincie alla fatiscenza. Nella nostra storia, ogni taglio lineare ha significato il venir meno di presidi e ausili fondamentali nella logica della prevenzione e del controllo. Infine e non ultimo, i parlamentari – anche loro a rischio di decurtazioni devastanti, anziché essere oggetto della riqualificazione del proprio ruolo e della funzione – che dovrebbero occuparsi seriamente di leggi oggi assolutamente inadeguate, perché causare intenzionalmente un incendio equivale a mettere una bomba alla stazione ferroviaria, all’attentare alla sicurezza con prospettiva di strage, perché occorre capire che la vita di un essere animale o vegetale merita lo stesso rispetto che si pretende per gli umani. Occorre alzare il livello delle pene sino al massimo consentito per i reati peggiori, azionando anche l’aggravante dell’associazione per delinquere e mafiosa. Occorre svolgere una azione di prevenzione seria, basata sull’educazione, la cultura, la collaborazione, la responsabilità, con i controlli supportati dalla tecnologia più avanzata ed una adeguata attività d’indagine e repressione. Come per la manutenzione delle infrastrutture, Il controllo del territorio sta divenendo vitale anche per molte altre ragioni, che non prescindono dall’uso perverso che ne fanno i professionisti dei roghi tossici, dei venefici untori che stanno riducendo parte del Bel Paese a desolante “terra dei fuochi”.
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