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Mala tempora currunt

Non si tratta di previsioni atmosferiche, ma della costatazione che quanto apparso all’indomani del voto del 4 marzo è pur tale oggi ad oltre due mesi di distanza, ovvero un disastro, nel tripudio degli autoproclamati vincitori e nella mestizia degli autoproclamati sconfitti. Ieri, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha consegnato le pagelle con voti di insufficienza ai coattori di questo che è ormai un vero e proprio teatrino, rinviando tutti ad ottobre, dopo le ripetizioni che verranno impartite da un “governo neutrale”, composto da personalità che non si candiderebbero una volta esaurito l’alto compito di traghettare il Paese verso sponde sicure. Le risposte negative giunte da chi vuole nuove le elezioni e subito, sono quelle che non rassicurano, anzi sembrano quelle di riottosi rispetto al “repetita iuvant” di Mattarella , che confida nei “professori” per arrivare in condizioni idonee ad una nuova consultazione elettorale in tempi ragionevoli, evitando gli scogli del minacciato aumento dell’IVA , delle speculazioni finanziarie internazionali e dei torti comunitari, che rischiamo di subire durante lo stallo politico istituzionale in cui ci siamo cacciati. Ecco però che, a questo punto, si profila la seconda parte dell’allocuzione “mala tempora currunt”, ovvero “sed peiora parantur”, perché una non lontana esperienza ci ricorda che, nel 2011, dopo l’alchemica intesa tra Sarkozy e Merkel e la vendita di duecento miliardi dei nostri BTP in sette mesi, da parte dei detentori esteri, lo spread salì alle stelle e il Presidente ora emerito Napolitano spinse il Governo Berlusconi fuori dall’uscio di Palazzo Chigi, per sostituirlo con il “salvifico” Governo tecnico di Monti, con tutte le conseguenze che sappiamo. Se oggi ci troviamo in questa situazione è perché da venticinque anni il Paese è orfano di una vera classe politica e dei propri partiti storici che, pur con tutte le loro negatività endemiche, garantivano comunque la qualità necessaria dei parlamentari e del buon governo . Adesso, occorrerà un’opera ciclopica senza disporre dei ciclopi per arrestare il processo di disfacimento e rigenerare il sistema decomposto, riattivare lo spirito di partecipazione attiva, il rispetto dei principi di appartenenza, il diritto alla sovranità dell’Italia basato sulle libere scelte dei propri cittadini. Sì proprio il diritto alla sovranità dell’Italia, perché il dubbio che ci sfiora è che qualcuno continui ad interferire sui legittimi orientamenti del “Tricolore” e dei suoi rappresentanti, ovvero che ci si voglia assicurare rispetto ad alleanze internazionali che non siano trasgressive del quadro prefisso, che ci vuole incatenati ad orientamenti atlantici che hanno storicamente esaurito le loro motivazioni sin dalla fine degli anni ottanta e che adesso sono divenuti una strumentale ossessione, se non una maledizione. Per concludere, dopo tutte le chiacchiere sui privilegi e le spese inutili o ipertrofiche per le istituzioni Camera e Senato, provate a pensare ai novecento parlamentari eletti, che rischiano di andarsene a casa senza aver neppure sfiorato l’esercizio delle loro funzioni, realizzando un vero e proprio record da Guinnes dei Primati per la XVIII Legislatura.

Ruggero Alcanterini

Direttore responsabile de L’Eco del Litorale

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