21 AGOSTO 2018
– Stavo giusto riflettendo sulle mie esperienze dirette, di vita vissuta nella collettività attraverso la professione, la partecipazione al divenire civile della società attraverso lo sport e la cultura, la cooperazione, la politica in un respiro ampio, ben oltre i patri confini. Mi toccò in sorte d’iniziare il percorso un po’ di tempo fa, a Roma con i Giochi della XVII Olimpiade e dopo un paio d’anni, nel 1962, con Giacomo Brodolini e Matteo Matteotti che, con il conforto di Giulio Onesti, andarono dal notaio per fondare l’Associazione Italiana Circoli Sportivi, l’AICS, poi Cultura e Sport sette anni dopo, quando il primo, fautore dello Statuto dei Lavoratori con Gino Giugni, volava in Borea. Era il 1969, in piena contestazione giovanile con i prodomi della crisi petrolifera e degli anni di piombo. I partiti erano ancora una realtà fondata sugli ideali, movimenti radicati tra le persone e sul territorio, con punti di aggregazione e discussione, selezione e formazione. Quando si ragionava sul futuro auspicabile migliore, quello che si avvertiva come obiettivo a garanzia e tutela dei servizi essenziali, dei diritti di tutti, era sintetizzabile nel concetto di “più Stato” e di Governo dalla parte dei cittadini. Naturalmente, ognuno aveva propri progetti e punti di vista, ma sempre mirati a consolidare fiducia e consenso, avendo ben chiaro il campo d’azione essenziale per il pubblico e quanto a disposizione per l’intrapresa privata, secondo un giusto equilibrio. Ricordate l’inquietante esito della vicenda di Enrico Mattei, figlio di un carabiniere come Sergio Marchionne, forse il più grande dei dirigenti alla guida delle aziende dello Stato Italiano ? Ecco, per me, non si è mai fatta abbastanza luce su quel “volo di Icaro” per lui finito a Bescapè il 27 ottobre del 1962, premonitore di un clima intimidatorio e coercitivo nei confronti di un Paese, il nostro, che aveva saputo cavare le gambe dal disastro di due Guerre mondiali e mantenere anche quanto di positivo era stato realizzato nel demonizzato ventennio fascista. Il fenomeno del “brigatismo rosso” e il delitto Moro, la concatenazione di attentati dinamitardi, rapimenti , gambizzazioni e uccisioni – con alternate matrici di destra e sinistra – avevano lo scopo evidente di rendere instabile la realtà nazionale italica, che minacciava di divenire troppo importante sul piano industriale, economico e politico in un ruolo ed un livello non accettabili dai poteri forti, che presentarono il conto definitivo con una visione progettuale per noi micidiale, tra la fine degli anni ottanta e l’inizio dei novanta. Oggi, che ci accorgiamo della fragilità estrema in cui versa il nostro sistema Paese, orfano delle Partecipazioni Statali e della Cassa per il Mezzogiorno, brutalmente privatizzato con la contestuale soppressione dell’IRI, settima impresa del mondo, chiusa definitivamente nel 2002, proprio quando partiva concretamente la traumatica sostituzione della lira con l’euro, cerchiamo di capire con quale logica e a quale prezzo ci siamo liberati da quel che veniva dipinto come il male peggiore, la palla al piede di uno Stato e di un Governo che, piuttosto che gestire direttamente, avrebbero dovuto coordinare concessioni o affidarsi per buona parte alle scelte ispirate al profitto dei privati subentranti. E’ evidente che delegare può risultare comodo, ma inesorabilmente sconveniente e suicida per la collettività. Adesso, dopo catastrofi naturali e non, ferroviarie e autostradali, di crescente malasanità, le palesi difficoltà di comuni ed aree metropolitane, l’asfissia da rilassamento della burocrazia, chi ha ricevuto con il consenso la delega per governare il Paese non può che ripensare drasticamente il da farsi, rispetto all’andazzo, naturalmente andando allo scontro con chi ancora rappresenta quei poteri forti che un quarto di secolo fa hanno schienato l’Italia e che a mio avviso non hanno alcuna intenzione di mollare la presa. Infine, oggi, i partiti-movimento, leggeri, hanno cambiato la loro essenza e sono soggetti ad impensabili algoritmi percentuali, quindi trionfanti ma vulnerabili, mentre l’associazionismo sembra assopito, ma unico ad aver mantenuto presidi territoriali e sociali intorno ad interessi definiti e permanentemente aggreganti. Diciamo che non lo spirito di parte, ma quello di appartenenza potrebbe avere un peso, adesso che il senso dell’orientamento ha bisogno di ripristinarsi. E’ pur vero che l’eterogeneità di un tesseramento con servizi e vantaggi necessita di una particolare taratura, ma tant’è, che i numeri degli iscritti a partiti e sindacati sono discesi in caduta libera, mentre realtà comunque datate, come la stessa AICS, CSI, UISP, CSEN, ASI, ACSI, Libertas, CSAIN …, come le stesse Federazioni Sportive, piuttosto che il glorioso Touring Club Italiano, sommano centinaia di migliaia o addirittura milioni di soci proattivi , collegati e sinergizzati tra social ed eventi. Cosa volete che vi dica, forse questa cospicua realtà, sopravvissuta allo strame della prima Repubblica, è parte del passato che avanza per riprendersi il futuro, magari suggerendo i perché e i cosa fare a chi governa.