31 AGOSTO 2018 –
Dopo l’ennesimo crollo, quello di ieri nel Foro Romano, sotto le finestre della Sindaca Raggi, che ha inghiottito il tetto di San Giuseppe dei Falegnami, chiesa cinquecentesca edificata sui resti del Carcere Mamertino, ho deciso di prendere le distanze dalle prefiche, dal coro inutile dei piagnoni, dagli opinionisti ed analisti della sventura, da quelli che hanno dimenticato la qualità principe delle mille genti italiche, appunto quelle che nei millenni hanno saputo affrontare il peggio, ricavandone il meglio, coprendo distanze immense in lungo ed in largo nello spazio tempo, contribuendo in modo straordinario a far crescere quel che di positivo c’è in giro per il mondo. Gli spunti storici ed in termini di attualità non mancano e mi voglio riferire in particolare all’eredità morale lasciataci da Amadeo Peter Giannini fondatore nel 1904 a San Francisco della Bank of Italy, poi Bank of America, protagonista della ricostruzione della Metropoli, dopo il devastante terremoto del 1906 e finanziatore dell’immenso Golden Gate Bridge, quindi al generoso slancio dell’archistar Renzo Piano, che ha distribuito nel mondo la sua scienza costruttiva e che ha subito messo a disposizione un suo bellissimo progetto atto a riscattare, con il ferro e non con l’oro e le polemiche, l’immagine ferita del nostro Paese con la caduta del ponte sul Polcevera, vanto della nostra architettura e paradosso della fragilità del nostro sistema. Entrambi di matrice ligure, l’uno nato a San Josè da genitori emigrati da Favale di Malvaro nella zona di Chiavari e l’altro genovese doc , come Cristoforo Colombo, nato nel quartiere di Pegli. Quando nel 1949, Giannini, assurto a personaggio di prima grandezza, come presidente fondatore della più importante banca del mondo s’involò per Borea , Piano, ora senatore a vita, era un adolescente di dodici anni, abbastanza proattivo per raccoglierne idealmente il testimone, mentre l’Italia era già all’opera per smaltire il disastro di una Guerra rovinosa, la Seconda, con una Costituzione di nuova concezione e quadri politico-amministrativi di assoluto livello. In quegli anni che seguirono, pochi, il Bel Paese ebbe un indice di sviluppo strepitoso e lo attestò emblematicamente, organizzando in modo esemplare tra il 1956 e il 1960 la settima edizione dei Giochi Olimpici invernali a Cortina e la diciassettesima dei Giochi Olimpici estivi a Roma, conclamando l’ennesimo italico “stupor mundi”. Per concludere, mi sembra giunto il momento di ripartire dal bicchiere mezzo pieno, fare leva sulle qualità che non ci mancano, guardarci intorno, non trascurare le straordinarie valenze ed esperienze maturate dai nostri connazionali nei diversi continenti e ripartire, con tanti saluti ai pessimisti, ai detrattori, ai professionisti della burocrazia di lunga lena, agli arroccati detentori di tutti i privilegi, nessuno escluso, ovvero con tanti saluti a tutti coloro che speculano sulla detenzione del potere e l’inadeguatezza delle leggi, che piegano la testa di fronte ai “poteri forti”, gli stessi che dal 1996 hanno affossato ogni principio di equità comunitaria, trasformando la fondamentale proposta italiana per la cartamoneta da UN EURO,, l’equivalente non soltanto simbolico del DOLLARO, in un vile valsente per un caffè, una mancia per il puliscivetri o gettone per sbloccare il carrello della spesa.