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LO SPORT, LA SALUTE E IL CORAGGIO DI GOVERNARE

Siamo in tema di anniversari ed eccoci a traguardare, con Spiridon, anche il “settantacinquesimo” di una inconcepibile attesa, sempre che lo sport sia indice di qualità per un Paese che si propone come civile e fa parte dei vari G, dal 7 al 20. Infatti, abbiamo bucato per l’ennesima volta non l’opportunità, ma il sacrosanto dovere di risarcire intere generazioni di italiani, che continuano ad essere defraudati dell’educazione fisica, motoria e sportiva nelle Scuole Primarie, quando sin dai tempi dell’illustre Francesco De Sanctis se ne prescriveva per Legge la pratica, guardando addirittura alle Materne. Ridurre questa mancanza di esercizio delle responsabilità ad un problema di carattere economico, piuttosto che sindacale, significa non starci con la testa, oppure di non avere il coraggio di andare sino in fondo. E allora? Allora, posto che non avrebbe senso continuare sulla falsa riga di una Istruzione che elude il proprio obbligo educativo, occorre almeno tutelare la salute. Per questo, se ha un senso la stessa trasformazione di CONI Servizi in Sport e Salute, diamoci un compito nobile e facciamo sinergia con il Ministero della Salute, che farebbe bene a preoccuparsi dell’assenza di un’altra figura fondamentale, quella del medico scolastico, oltre quella del docente laureato in scienze motorie. Durante la consegna dei Collari d’Oro alla vigilia del Natale, la Sottosegretaria Valentina Vezzali ha ricordato il problema ai Premier Mario Draghi, come Sara Simeoni ha suggerito il ritorno ai Giochi della Gioventù, Luca Pancalli ha sottolineato il valore insostituibile delle società sportive, mentre Giovanni Malagò si è compiaciuto dell’ipotesi che lo sport possa fare ingresso in una Costituzione aggiornata. In realtà, il nostro sport è paradossalmente vittima del suo algoritmo olimpico, degli onori quadriennali, che puntualmente ci collocano tra i Paesi più medagliati del mondo e presuntivamente affrancati da ataviche carenze, che diversamente ci costringono tra gli ultimi in classifica per uno stile di vita che associ la prevenzione salute ad una generalizzata e corretta attività fisica.
Questo Governo, Bonus Covid a parte, non ha investito più risorse per lo sport, mantenendo i vecchi standard, mentre occorrerebbe una vera rivoluzione. Con tutto il rispetto e la gratitudine per il Centri di alta formazione e specializzazione, di larga prevalenza militari, rimangono aperte le opzioni che vorrebbero i Comuni in prima linea con l’associazionismo di prossimità, il sostegno per una diffusa pratica con ricadute di alto valore sociale e con particolare attenzione ai bambini ed agli “over”, oltre che agli emarginati. Per un Paese seriamente necessitato ad una salutare rinascenza, si presupporrebbero ben altre premesse, rispetto ai timidi segnali che attualmente provengono dagli addetti ai lavori. Tutti sembrano rassegnati, nell’attesa che si quieti la pandemia e sopraggiungano i Giochi di Parigi, come opportunità giustificatoria oggi e magari salvifica domani, quando passata la sferzata adrenalinica da PNRR, incominceremo di nuovo a piangere miseria. Non voglio esagerare, ma lo sport deve liberarsi da lacci e lacciuoli, dai vincoli che indebitamente lo condizionano, a cominciare da quelli dello sport professionistico, che devono essere associati ai disciplinari delle imprese vocate al business, piuttosto che dello spettacolo. Peraltro, l’olimpismo deve esercitare il ruolo che gli è proprio e deve rifuggire da ogni tipo di speculazione, a cominciare dai tentativi di cinica speculazione politica, come nel caso del “boicottaggio diplomatico” annunciato in occasione dei prossimi Giochi Invernali di Pechino. E’ come se il tempo perduto, le irripetibili risorse umane dissipate, le amare esperienze e gli sforzi risarcitori di chi ci ha preceduto non fossero mai esistiti. Io, che presiedo il Comitato Nazionale Italiano Fair Play, non posso che costatare la scarsa rilevanza dell’impegno culturale da parte e nei confronti del movimento sportivo, nel Bel Paese, come in campo internazionale. E’ un vero peccato che la deriva prevalente sia quella dell’agonismo d’alto livello e dell’effimero apparire, quando diversamente si potrebbero ottenere risultati di grande vantaggio generale, funzionali per la transizione etica universale, con un impegno diversamente utile delle risorse pubbliche e non. Per il resto, a completamento di questo mio scritto, vi rimando a qualche nota recente e del passato …
Ruggero Alcanterini

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