Quando ho visto il nome di Cristiana Capotondi, attrice dall’aspetto dolce, mite, di serena bellezza e bravura dimostrata nelle mille variabili del suo divenire professionale, associata al calcio professionistico, dove la grinta del Presidente Ghirelli ha davvero un senso, ho pensato si trattasse di un raro caso di omonimia. Poi, ho pian piano metabolizzato il personaggio nella sua versione sportiva, in mutande calzettoni, scarpini e in chiara confidenza con pallone e contrasti, quindi ho capito. Diciamo che in ognuno di noi c’è un animus pugnandi, anche tra gli improbabili per natura e definizione di ruolo principale. Ecco dunque la dimostrazione di fatto di quella bellezza dello sport, che nel periodo classico delle origini negava alle donne perfino l’accesso allo stadio e riservava alla bellezza atletica soltanto le sembianze maschili, enfatizzate da Fidia, Lisippo, Mirone, Agelada… non è più aliena ad un ruolo assoluto. Non a caso, la Società Italia di Storia dello Sport (SISS) ha deciso di celebrare quest’anno, per la prima volta, il suo Convegno nazionale a Treviso, in virtù del fatto che questa città, come espresso nella deliberazione assunta: “vanta una grande tradizione di storie di sport e di campioni oltre alla sua proverbiale capacità di saper diffondere una corretta cultura sportiva non solo nel proprio territorio, ma di saperla estendere anche a livello regionale e nazionale”. Il Convegno si svolgerà nelle giornate di venerdì 9 e sabato 10 novembre 2018, presso Palazzo dei Trecento, e gode del patrocinio della Provincia di Treviso, del Comune di Treviso, del CONI Regionale del Veneto, del Comitato Italiano Fair Play, del Panathlon Club Treviso, della Fondazione Cassamarca, della Fondazione Benetton Studi e Ricerche e della Collana Ludica. Il tema scelto è attuale e affascinante “Donna e sport nella storia d’Italia”. Le ultime Olimpiadi invernali hanno visto infatti un netto prevalere delle donne italiane sui colleghi maschi. Un “sorpasso” atteso, ma non forse nelle dimensioni registrate a Pyeongchang, dove il numero e la qualità dei successi femminili è stato tale da segnare un passaggio storico. Ciò acquista un significato importante riflettendo su quanto l’accesso e l’inclusione delle donne nel mondo dello sport sia stato e continui talora ad essere, anche in Italia, un percorso ancora problematico e contrastato. Ragioni secolari d’ordine culturale, sociale, morale, religioso hanno rallentato il processo d’emancipazione della donna, impedendone anche quell’espressività corporea che proprio nello sport trova una delle sue più moderne e piene forme d’affermazione. Lo sport ha contribuito, in modo diretto e indiretto, alla rivoluzione del corpo femminile, ha partecipato alle battaglie per la parità, ha favorito una maggiore presa di coscienza del ruolo rivestito dalla donna nella società.
Ruggero Alcanterini
Direttore responsabile de L’Eco del Litorale
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