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Lo sport agli sportivi ( da Spiridon n. 262 – Macerie, soltanto macerie?)

Diciamo che un serio progetto sportivo per gli italiani fu solamente quello del dimenticato Lando Ferretti, che tra il 1926 e il 1928 ebbe la capacità di rivoluzionare il sistema, mettendo mano appunto alle macerie dell’associazionismo sportivo rottamato dal Fascismo e all’educazione fisica nella scuola, annichilita dai provvedimenti di Giovanni Gentile. Diciamo che se si volesse fare il punto zero della conclusione di uno spontaneo caotico divenire condizionato dal militarismo ottocentesco dei Savoia e poi esacerbato dal conflitto clerico-massonico tra oratori e ricreatori, da Don Bosco al Generale Garibaldi, dalla FASCI (Federazione delle Associazioni Cattoliche Sportive Italiane) alle reali società di ginnastica, con in mezzo le pulsioni popolari delle ASSI, della UOEI e dell’Umanitaria, per non parlare dello scontro sulla filosofia e sul metodo per l’attività “motoria” nella scuola, tra Mosso e Baumann a loro modo eredi di De Sanctis e Obermann, dovremmo convenire che appunto Ferretti, giornalista sportivo per vocazione e Presidente del CONI, nonché Commissario della FIGC per destino, è stato davvero un gigante. Capisco che sia scomodo tanto quanto l’affresco di Montanarini sul “lato presidenza” del Salone d’Onore, nella sede odierna del CONI, ieri sede dell’Accademia Fascista Maschile di Educazione Fisica, frutto della visione strategica di Renato Ricci che pensava di ricavarne anche i quadri di livello direttivo funzionali allo sviluppo totale del progetto di sportivizzazione italica attraverso ONB, GIL, GUF, OND, Federazioni e CONI con ruolo di coordinamento. Lasciamo perdere per un momento le polemiche dolorose su quel periodo di storia, ma concentriamoci sull’idea che ci debba essere un vero concreto progetto alla base di ogni possibile sviluppo nello specifico della pratica sportiva e prendiamo atto, che sulla base del compromesso tra Sport e Stato, di quella “Carta dello Sport” partorita tra Lando Ferretti e Augusto Turati (Segretario del Partito) appunto nel 1928, abbiamo l’unico esempio, l’unico precedente cui rifarci, con un bilancio di oltre dodici milioni di tesserati praticanti nel 1942, altro caposaldo legislativo per il nostro sport, dopodichè il buio, a cominciare dalla esclusione nella Costituzione del 1947, la cancellazione della ginnastica nelle “primarie” , oltre che lo sventato tentativo di “sciogliere” il CONI. Paradossalmente, proprio sulla questione di cui fu protagonista principale Giulio Onesti, nasce l’equivoco di cui oggi ancora soffre l’Italia sedentaria, obesa sugli spalti e davanti a televisori e computer, bulla, e violenta dentro e fuori degli stadi, cresciuta a merendine, salvo gli “unti dal signore” e i discepoli di “santoni” e “profeti” del post guerra come Gedda e Zauli, piuttosto che Berra e Nebiolo, figure che, come nel caso di De Sanctis e Ferretti, non occupano il giusto ruolo nell’immaginario collettivo e nemmeno tra gli addetti ai lavori, tanto meno tra chi oggi ha il compito di dirigere contemporaneamente il movimento e la macchina burocratico-organizzativa-tecnica dello sport. Ecco, dobbiamo prendere atto che aver lasciato in sospeso per settantuno anni il progetto nato novantuno anni fa, mai sostituito con un altro, è la ragione per cui oggi dobbiamo piangere su macerie antiche e apparentemente inspiegabili, come i mosaici in disfacimento al Foro Italico. Ecco perchè oggi un Governo disinibito, sull’onda di un contratto per punti , al Capitolo 22 trova la via naturale all’esigenza di più sport praticato e salute, attraverso un diverso utilizzo delle risorse in Bilancio per lo sport e del CONI Servizi, che è nella disponibilità del Ministero dell’Economia e Finanze dal 1993, con aggiustamenti nel tempo sino al 2010, frutto di elaborazioni e patteggiamenti, gestita da dirigenti del Comitato Olimpico, con doppio incarico, sino al 2013. Ecco perché ho la sensazione di trovarmi di fronte alle macerie di quanto faticosamente, ma caoticamente abbiamo costruito intorno allo sport, sempre per non volerne riconoscere il ruolo sociale primario, piuttosto che quello di un simbolo formidabile dell’appartenenza in “maglia azzurra” e sul podio. Cari amici, comunque non dovete preoccuparvi del titolo, perché le macerie sono frutto di una mia personale riflessione, autoreferenziale, alla luce di quanto vissuto, degli accadimenti attuali e di quanto presumo ancora avverrà in questo periodo del tempo diverso. Non credo che vi possa turbare un ripensamento critico sulle intuizioni ed il lavoro, l’eredità d’incommensurabile valore che ci hanno lasciato gli antenati, a cominciare da quell’eccentrico di Domiziano, che tirò su uno stadio d’atletica al centro della Roma Imperiale e inventò i Ludi Capitolini per l’apparire, ma anche per coinvolgere nel partecipare, né più né meno quello che avveniva novant’anni fa allo Stadio dei Marmi con i Giochi della G.I.L., piuttosto che all’Olimpico con gli Studenteschi e poi di nuovo ai Marmi con i Giochi della Gioventù. Purtroppo, ad oggi, se non fosse per la testardaggine della Famiglia Tamburella, che lo ha liberato dal pattume e dall’oblio, i principali destinatari morali e materiali di tanta incommensurabile eredità storico-culturale, di tanta blasonata memoria dello sport, dormiente cinque metri sotto Piazza Navona, prossima a compiere duemila anni, la snobbano semplicemente perché ne ignorano il valore assoluto, insuperabile. Eppure, nutriamo velleità internazionali, invitiamo il Presidente Bach a svolgere il ruolo di nume tutelare del nostro Comitato Olimpico, tediato appunto dall’ennesimo soprassalto riformistico, collegato da un filo sottile ma resistente a quelle pulsioni che vedevano convergere sul tema Stato e Sport quelli che furono gli Enti di Propaganda Sportiva, oggi di Promozione, e che vedevano paradossalmente seduti allo stesso tavolo rappresentanti di sinistra e di centro, cattolici, comunisti, socialisti, socialdemocratici, liberali, repubblicani e missini, come Morandi, Guabello, Notario, Pastore, Catella, Carlo Alberto Guida, perché sull’idea che lo sport professionistico vero o mascherato, lo spettacolo, l’alto livello e la competenza olimpica fossero delegate a chi di dovere, alle Federazioni, alle Leghe, agli organizzatori ed al CONI erano davvero tutti d’accordo, tanto quanto sul fatto che lo sport andava inteso come diritto da rendere fruibile per tutti i cittadini, come prioritaria opportunità d’impiego del tempo libero, educazione motoria e sano stile di vita, onde concorrere naturalmente alla più elementare forma di prevenzione salute. Dalla fine degli anni quaranta alla metà dei novanta del secolo scorso, uomini illuminati ed animati da buone intenzioni ebbero dunque prima un interlocutore tenace ed intelligente in Giulio Onesti, che stemperò la difesa autarchica de “lo sport agli sportivi” con il dialogo e forme progettuali surrettizie ma tangibili di presenza nella scuola, nella società e sul territorio, dai Campionati Studenteschi, ai Centri Olimpia, ai Giochi della Gioventù, frutto di una ideale staffetta tra Zauli e Saini con la copertura politica strategica dello stesso Onesti, che frequentava la casa di Andreotti, come il Palazzo H, che non disdegnava refoli d’intesa particolari con l’area autonoma dei socialisti, nella consapevolezza che quella proroga della Legge istitutiva fascista del 1927, aggiustata nel 1942, costituiva un paradosso, un artificio al limite dell’impossibile nel contesto italiano post bellico. Eppure, tra un libro bianco, uno verde, uno rosso ed anche uno azzurro, Onesti riuscì a sfangarla per un bel numero di anni, dopo il capolavoro dei XVII Giochi a Roma, credito di cui si avvalse anche per ottenere la Legge Fifty Fifty, firmata da Giacomo Brodolini, che avrebbe dato più risorse e più opportunità per dare risposte anche di tipo sociale attraverso gli Enti di Propaganda e il CONI stesso. Ecco, la contaminazione tra promozione sportiva e mondo federale trovava un tacito assetto finanche nei congressi e – tramite gli enti – nei partiti e nel governo. Di tutto questo, degli slanci virtuosi, delle generosità profuse da missionari sportivi e comunicatori impareggiabili come Oriani e Brera, delle Leve de La Gazzetta dello Sport e del Corriere dello Sport, dal 1927 al 1944, come Il Littoriale, quotidiano legato al CONI per la lucida follia di un visionario come Arpinati, degli stessi Campionati Studenteschi e Giochi della Gioventù, del presidio territoriale del CONI articolato sulle Provincie non rimangono altro che mitizzati ricordi e polverose macerie rottamate nelle collezioni private e confinate nella Biblioteca del CONI creata nel 1933, arricchita con l’emeroteca da Zauli nel 1940 e dallo stesso Onesti con le acquisizioni straordinarie del 1950, quindi fin dall’inizio del loro operare, posto che poi il Museo Nazionale dello Sport Italiano, grande opportunità strategico culturale si è impantanato, dopo i reiterati tentativi di Pescante da Sottosegretario e Delegato CIO all’ONU, abortiti con tanto di commissioni di lavoro e piani di fattibilità nell’indifferenza delle istituzioni tra il 2004 e il 2015. E adesso? Adesso, il rischio che si corre è quello di arrivare all’ennesimo compromesso sbilenco, nel prendere tempo in attesa di qualche rigurgito della politica, come avvenuto negli anni ottanta per i progetti di Signorello e Lagorio, rischiando di compromettere quello che c’è, per avviare un tormentato processo di cambiamento, reso difficile da una informazione condizionata da interessi di prossimità. Diversamente, sarebbe auspicabile un evento straordinario, ma improbabile, che si potesse convocare una seria vera Conferenza Nazionale sullo Stato e lo Sport, senza interferire sulle competenze naturali del CONI, quelle stesse che si sono determinate con la nascita ormai lontana del CONI Servizi, quando migliaia di dipendenti di una ipertrofica unica struttura rendevano complicate le cose, quando l’eredità dei Campionati del Mondo di Calcio e degli investimenti in conto interessi per ristrutturazioni, quelli della Legge 65 del 1987 non sempre indispensabili o deturpanti degli stadi, come nel sofferto caso dell’Olimpico, era divenuta un peso insostenibile, scomodo, ormai passata la festa costata la bazzecola di 7.230 miliardi di lire (più di 6.000 provenienti dalle casse statali), in euro oggi 3,74 miliardi e la presidenza del CONI scippata a Primo Nebiolo , giusto il 12 novembre del 1987 nella notte dei lunghi coltelli di trentuno anni fa, quando per ragioni pelose si fece giustizia sommaria di una straordinaria opportunità o comunque di un percorso del CONI e dello sport italiano, probabilmente diverso da quello determinato sino ad oggi dalle forzata decadenza di Onesti nel 1978.

Ruggero Alcanterini

Direttore responsabile de L’Eco del Litorale

 

 

CONTRATTO PER IL GOVERNO DEL CAMBIAMENTO

22. SPORT
Impianti
Se ben condotta e con l’ausilio di personale qualificato, la pratica motoria e sportiva assicura il miglioramento della qualità della vita, contribuendo in modo significativo alla prevenzione delle malattie. Investire in attività motoria, quindi, significa ridurre, allo stesso tempo, la spesa sanitaria. È per questo che riteniamo necessario implementare, sin dalla scuola primaria, la pratica motoria, assicurando la presenza di insegnanti specializzati nella pratica sportiva ed aumentando, contestualmente, il monte ore da dedicare a questa disciplina.

La pratica motoria e sportiva ha, inoltre, un’importante valenza sociale. Lo sport rappresenta da sempre un fondamentale strumento di integrazione e trasmette valori fondamentali al miglioramento dell’essere umano, anche come individuo. Per questo intendiamo garantire un generale miglioramento degli impianti sportivi in tutto il territorio, partendo da uno strumento che riteniamo fondamentale per raggiungere questo obiettivo: l’istituzione dell’anagrafe degli impianti sportivi sia pubblici che privati (inclusi quelli scolastici, universitari, delle forze dell’ordine e militari). L’anagrafe permetterà di conoscere la situazione reale degli impianti e verificare le eventuali esigenze di ammodernamento e/o di realizzazione di nuove strutture sportive. Attraverso la mappatura degli impianti saremo così in grado di intervenire in maniera mirata per allocare efficacemente le risorse da destinare alla ristrutturazione o alla nuova costruzione di strutture da dedicare alla pratica motoria e sportiva.

Occorre intervenire anche su aspetti che possano migliorare il funzionamento degli organi sportivi. Ad esempio, riteniamo necessaria una revisione delle attuali competenze del Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI). Pur ritenendo necessario garantire al mondo sportivo un’adeguata autonomia, risulta altrettanto importante che il Governo assuma, con maggior attenzione, il ruolo di controllore delle modalità di assegnazione e di spesa delle risorse destinate al CONI. Allo stesso tempo è al Governo che spetta il compito di emanare le linee guida fondamentali relative al sistema sport e alla pratica motoria nel loro complesso. In altre parole, fatta salva l’autonomia e la discrezionalità delle scelte di natura tecnico – sportiva, che rimangono in capo al CONI, è necessario che il Governo sia compartecipe delle modalità con le quali vengono spesi e destinati i contributi pubblici assegnati al CONI e trasmessi, poi, alle Federazioni. Infine, occorre che la società Coni Servizi disponga di una maggiore autonomia rispetto all’Ente Coni. Sia il CONI che Coni Servizi devono fornire periodicamente al Governo relazioni dettagliate e circostanziate circa la gestione e la destinazione delle risorse pubbliche.

Società e Associazioni sportive
È necessario introdurre ulteriori agevolazioni fiscali e contributive per le piccole associazioni sportive dilettantistiche.

Occorre prevedere un corretto inquadramento giuridico-fiscale delle Società e Associazioni Sportive e la tutela dello sport dilettantistico e dello sport di base, anche per dare certezze operative ed evitare cospicui contenziosi per mancanza di riferimenti legislativi certi.

Bisogna inoltre introdurre agevolazioni economiche per la stipula di un’assicurazione che copra tutte le fattispecie di responsabilità civile dei dirigenti e dei presidenti delle associazioni sportive dilettantistiche. È opportuno inoltre garantire le risorse agli enti locali vincolate al taglio dei costi di esercizio ed utilizzo degli impianti sportivi pubblici e conseguente contenimento tariffario per gli utenti.

Attraverso l’Istituto del Credito Sportivo (anche grazie ad un potenziamento delle sue sedi regionali) insieme ai Comitati Regionali del CONI, occorre potenziare il fondo di garanzia a favore delle Associazioni e Società Sportive Dilettantistiche, al fine di renderlo realmente fruibile per consentire la ristrutturazione o realizzazione di impianti sportivi con la relativa gestione diretta. Sempre attraverso l’ICS, è necessario agevolare gli enti pubblici nella stesura di bandi e azioni di partenariato pubblico privato finalizzati alla ristrutturazione o creazione di nuovi impianti sportivi. Occorre poi agevolare i Comuni disagiati attraverso l’inserimento dell’impianto sportivo locale nell’ambito del servizio pubblico territoriale.
È necessario l’inserimento del laureato in scienze motorie nell’organico di ruolo della scuola primaria. Allo stesso modo occorre sostenere l’educazione fisica nella scuola primaria. Bisogna prevedere misure per sostenere l’associazionismo sportivo scolastico.

Inoltre, occorre investire in prevenzione sanitaria attraverso il sostegno all’attività sportiva e progettualità territoriali, anche con visite mediche sportive gratuite nella scuola primaria. L’attività sportiva e motoria è sicuramente una nuova modalità operativa, forse l’unica a basso costo, per fare una corretta prevenzione e per contrastare alcune malattie croniche soprattutto di natura cardiovascolari.

 

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