Sono diventati attori ieri pomeriggio i pazienti in cura presso l’UOC di Psichiatria Clinica e d’Urgenza del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS, diretta dal professor Gabriele Sani. I pazienti sono infatti i protagonisti dello spettacolo teatrale “Nell’attesa, creo” che si è svolto ieri al Policlinico Gemelli, a cura di Luca Di Benedetto, medico in formazione specialistica in Psichiatria all’Università Cattolica, e Gaia Volta, insegnante di teatro. Un pomeriggio ricco di emozioni e di arte dove i pazienti – attori hanno messo in scena i loro discorsi in rappresentazioni.
L’esibizione è nata dal “Laboratorio integrato di teatro, espressione artistica e movimento” che si è svolto al Gemelli a partire da gennaio 2024, una volta a settimana, e ha visto coinvolti, finora, sei pazienti.
Il progetto è nato dall’idea di poter creare uno spazio comune e creativo all’interno di un ospedale e proprio in quello spazio, i pazienti, accomunati dalla passione per l’ambito artistico, hanno potuto esprimere la propria arte attraverso il teatro, ma anche la scrittura, la musica, la danza, la pittura. È nato così uno spettacolo unico, fatto di corpo e voce, sculture e fotografie, danze e dipinti, uno spettacolo in cui il teatro è contenitore di tutta l’arte che può essere utile a far rinascere le anime. Uno spettacolo che ha preso forma tra le pareti del Policlinico Gemelli, di settimana in settimana, con pazienti che si sono fatti Compagnia, la Compagnia LuceOmbra, con le loro storie che si sono fatte copione, con artisti che si sono ritrovati a credere che l’arte potesse essere uno strumento immenso di cura e scoperta per tutte le anime, i corpi, le voci e gli sguardi.
“Questo evento rappresenta un momento di grande importanza sociale e clinica e vuole mandare un messaggio importante di unione e di accoglienza – spiega il professor Gabriele Sani, ordinario di Psichiatria all’Università Cattolica e direttore UOC Psichiatria Clinica e d’Urgenza del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS -. Troppo spesso i pazienti psichiatrici, ancora oggi, vengono considerati lontano dalla popolazione generale. Il vecchio nome di ‘alienati’, che richiama all’alterità della patologa psichiatrica rispetto alla cosiddetta ‘normalità ‘, tende ancora a sopravvivere nella visione di troppi. Oggi siamo tutti qui, non medici e pazienti, ma persone che hanno lavorato tutti insieme, senza distinzione o etichette, alla realizzazione di un evento artistico. E speriamo sia il primo di tanti, in un’ottica di un definitivo superamento di muri e pregiudizi. Un vecchio motto dell’OMS recitava ‘Non c’è salute senza salute mentale’. La salute mentale ci coinvolge tutti, anche con momenti come quello di oggi”.
“Lo spettacolo – spiega Gaia Volta – porta in scena una riflessione poetica degli attori sull’uomo come oggetto, misurato, valutato, pesato, e come soggetto, in grado di dare voce agli oggetti, e così a sé stesso. Nei momenti più difficili della nostra vita può capitare di sentirsi oggetti in balia degli eventi, tuttavia, attraverso uno spazio di relazione, espressione e arte, è possibile ritrovare la propria voce”. “È così che quel tempo di attesa – continua Luca Di Benedetto -, quel momento sospeso in cui alle volte nella vita ci si trova, soprattutto quando non stiamo bene e ci sentiamo come spettatori di noi stessi, fermi ad aspettare che le cose cambino per tornare a vivere, è così che quel tempo prende un significato nuovo. Può divenire un tempo creativo, comune, umano. E magari scopriamo che quel messaggio nato in un tempo buio, può essere luce, aria, aiuto per molti”.
E proprio in ospedale, dove si è svolto il laboratorio, si può venire anche per fare arte, trovare arte, cantare, recitare, danzare, applaudire, vivere in modo nuovo.
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