Nel 2014, le emissioni globali di anidride carbonica derivanti dalla combustione di combustibili fossili hanno raggiunto il livello record di 32.3 miliardi di tonnellate, un valore circa tre volte superiore alla capacità naturale del nostro pianeta di assorbire questo eccesso di emissioni attraverso gli ecosistemi vegetali terrestri e marini (carbon sink) e i processi di immagazzinamento naturale (carbon stocks) come sostanza organica nel suolo e negli oceani. Il 45% di tali emissioni proviene dal carbone, il 35% dal petrolio e il restante 20% dal gas. Ma, se si tiene conto delle emissioni, anche se minoritarie, degli altri gas serra (come il metano, il protossido di azoto, i clorofluorocarburi, ecc.), le emissioni globali, valutate come anidride carbonica equivalente, sono ben superiori ai 36 miliardi di tonnellate e sono vicine a 50 miliardi di tonnellate se si tiene conto delle emissioni indirette causate della deforestazione, dall’uso improprio del suolo e dai cambiamenti di uso del suolo.
Poiché le capacità del sistema terrestre (la geosfera, gli oceani, gli ecosistemi terrestri e marini) di assorbimento dell’anidride carbonica atmosferica e degli altri gas serra non sono infinite ma limitate, la crescita continua delle emissioni provoca fenomeni di accumulo. Di conseguenza le concentrazioni atmosferiche di anidride carbonica e di altri gas serra continuano incessantemente a crescere e hanno ormai superato la soglia di 400 ppm (parti per milione), sia come media globale mensile (nel 2015), sia come media globale settimanale (nel 2014) e giornaliera (nel 2013). Con un aumento del 43% rispetto all’epoca pre-industriale (cioè anteriore al 1800) quando vi erano 280 ppm, il livello di 400 ppm è più alto mai raggiunto non solo negli ultimi due secoli e mezzo (circa) ma mai verificatosi neanche rispetto a tutti ai millenni precedenti fino a risalire a circa un milione di anni fa, come ci documentano in dettaglio le serie storiche pluri-millenarie desunte dalle misure delle carote di ghiaccio in Antartide (prelevate presso la base italo-francese Concordia, Dome C).
Il riscaldamento climatico globale, anche se ritardato rispetto agli aumenti di anidride carbonica atmosferica, procede di pari passo. La temperatura media globale in questi ultimi 100 anni è aumentata di circa 0,8 °C, ma due terzi di quest’aumento sono avvenuti negli ultimi 30 anni. A livello globale l’anno 2014 è stato l’anno più caldo, mai verificatosi dal 1880 (da quando iniziano le serie storiche delle misure eseguite a scala globale), seguito dal 2010 e dal 2005 e poi dagli altri anni tutti appartenenti a quest’ultimo decennio, tanto che questi ultimi 10 anni del terzo millennio rappresentano il decennio più caldo di tutti i decenni precedenti a partire dal 1880.
Tuttavia, il riscaldamento del nostro pianeta non sta avvenendo né a un ritmo costante con gli anni che passano, né in modo uniforme dappertutto nelle differenti aree geografiche del pianeta. Il riscaldamento è maggiore nelle aree polari che in quelle equatoriali, è maggiore sui continenti che sugli oceani, è maggiore nei periodi invernali che in quelli estivi, e, cosa ancor più rilevante, il riscaldamento climatico è maggiore nell’emisfero nord che nell’emisfero sud a causa del ruolo termoregolatore degli oceani che sono molto più estesi nell’emisfero sud rispetto all’emisfero nord.
Per quanto riguarda l’Italia, il riscaldamento climatico procede a ritmi più elevati. In Italia la temperatura media nazionale è aumentata di circa 1,2° in questi ultimi 100 anni e la maggior parte di questo aumento è avvenuta dopo il 1980 con un ritmo superiore a quello medio globale, un andamento che, comunque, è in coerenza con quanto sta accadendo in l’Europa. Anche per l’Italia l’anno più caldo rimane il 2014, seguito però dal 2003, dal 2001 e dal 2007 in una classifica climatologica nazionale che si basa però, a differenza di quella globale, su una serie storica molto più lunga e che risale al 1800 (215 anni).
Ma l’aspetto più clamoroso di questi ultimi dieci anni del terzo millennio è la velocità del riscaldamento globale, piuttosto che il riscaldamento climatico in quanto tale, accompagnato da un aumento dell’intensità delle catastrofi climatiche che colpiscono il nostro pianeta sempre più violentemente. A ciò bisogna aggiungere l’intensificazione degli altri fenomeni connessi con i cambiamenti del clima, quali la velocità di innalzamento medio del livello del mare (ora è a 3,4 mm/anno, quando solo alcuni anni fa era di 3,1 mm/anno e nei decenni anteriori al 1990 procedeva a ritmi di 1,8 mm/anno), la velocità di fusione dei ghiacci artici e di gran parte dei ghiacciai delle medie latitudini (compresi i ghiacciai alpini), la velocità di acidificazione degli oceani che insieme al riscaldamento delle acque oceaniche sta accentuando i fenomeni di sbiancamento delle barriere coralline, oltre che modificare gli ecosistemi marini.
A cura di Vincenzo Ferrara
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