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L’editoriale del Direttore:PER IL LAVORO, ANCORA TROPPI SE…

Ebbene, si! Sono decisamente troppi i se e i ma, nonché i forse e i chissà. Decisamente inverecondo l’eccesso di pudore o di opportunismo in molte delle situazioni, che dovrebbero essere giudicate ed affrontate con onestà intellettuale e determinazione, senza balbettamenti. Domani ricorrerà ancora una volta il Primo Maggio e sottolineo ancora una volta, perché la storia di questo anniversario è rimasta controversa e dolorosa, ancorché liberatoria e gioiosa sin dalla sua origine ottocentesca, americana. Nel 1886 le manifestazioni di Chicago degenerarono con sparatorie ed attentati dinamitardi, arresti e impiccagioni di operai dichiarati anarchici e conseguenti riverberi europei, fino in Italia, dove nel 1988 il livornesi reagirono alla notizia delle condanne capitali assaltando il naviglio statunitense ancorato in porto ed il console rifugiato in Questura. La Festa del Lavoro non presuppone disoccupazione, bensì condizioni accettabili di durata, sicurezza e retribuzione. La sicurezza, In particolare, merita un capitolo a parte, posto che gli incidenti continuano ad essere all’ordine del giorno per incompetenza, distrazione o dolo, salvo il caso abnorme dei lavoratori dell’amianto, condannati comunque al rischio, anche dopo la soppressione per legge del settore, sin dal 1992 ed ancora per decenni, in attesa di radicali bonifiche, come invocato dalla stessa ONA e perorato dai suoi dirigenti, Avv. Ezio Bonanni in testa. Bene, la situazione reale la conosciamo e il lavoro rischia di non essere più fonte essenziale del reddito, ma di divenire nelle sue variabili una condizione, un impegno con ricadute sociali che finisce per sconfinare appunto nel socialmente utile, nel volontariato, nel no profit, nel servizio civile, nello studio – lavoro. Insomma in una vasta pianura, in cui rischiano di addensarsi i più, candidati di fatto ad un reddito di cittadinanza che peraltro mette in mora proprio coloro che il lavoro non lo cercano, ma se lo inventano quotidianamente, scommettendo sulla propria qualità ed intraprendenza. Intendo gli artigiani, gli agricoltori, i commercianti, i piccoli imprenditori, che alla fine della fiera pagano le tasse, ma ricevono pensioni ridicole al disotto delle minime, nessun sostegno economico in caso di malattia, nessun intervento di cassa integrazione per mancanza di lavoro o morta stagione, nessun periodo di ferie pagate e tanto meno nessun limite massimo all’orario di lavoro. Partite IVA o meno, la verità è che la regolamentazione in termini di diritti e doveri per il lavoro, tutto, pubblico e privato, lascia molto a desiderare e le differenze, le disparità tra gli stipendi, il welfare, le pensioni e le integrazioni contro la povertà hanno risentito e risentono dei sentimenti di parte, che le hanno nel tempo ispirate e condizionate. Il risultato distorcente è quello dei figli e dei figliastri, con furbi ed opportunisti benestanti o addirittura ricchi ed altri, quelli impegnati ed idealisti, magari con le toppe o all’estero, alla ricerca di affermazione del merito. Si, appunto il merito, argomento tabù nel Bel Paese, salvo riconoscimenti postumi con regolari lacrime da coccodrillo, se va bene. E tanto per chiarire il concetto, il lavoro, che apparentemente non c’è, andrebbe rimodulato sulle reali necessità della collettività e così scaturirebbero davvero milioni di opportunità, di posti, di soluzioni a carenze e disservizi, che sono sotto i nostri occhi nel quotidiano divenire di quel che non va, rispetto a quel che va. Avere una società davvero civile, educata, ordinata e capace, significa avere il coraggio di cambiare regole e metodo di governo, rispettando le convenzioni comunitarie di una Europa, che non sia soltanto eurocentrica e iperburocratica. Ecco, infine, che ogni evento orribile come quelli delle violenze, che ovunque quotidianamente si ripetono, trovano purtroppo una spiegazione chiara, evidente nella filosofia irresponsabile del vorrei ma non posso, del rinvio e dell’elusione, modalità che non portano ad alcun traguardo, a piangere sul nulla.

Ruggero Alcanterini

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