Sapete che vi dico? Che questa storia del latte di pecora sarda versato ovunque diventa il paradosso di un sistema che non funziona, di una società civile imbastardita dalle sofisticazioni e di una deriva pericolosa diseducativa, che richiama responsabilità a monte, a cominciare da quelle europee comunitarie, capaci di partorire burocrazia e quote, ma non di educare ed orientare la collettività versò una migliore qualità di vita. E vengo subito al dunque, anche se il richiamo alle vicende eroicomiche inventate da Alessandro Tassoni quattro secoli fa, nella sua “Secchia rapita”, sarebbe quasi irresistibile: ma vi pare possibile che si debba inzuppare l’intera Isola dei Nuraghi, forse mitica megalitica Atlantide, nel bianco nettare come fosse un biscotto, per capire che tra il latte, nostra atavica risorsa principe alimentare e l’acqua minerale, a volte di pessime fonti in pianura, ci corre una bella differenza? Purtroppo l’acqua, che non ha vincoli di conservazione, costa al consumo più del latte e questo denota strategie commerciali e speculative in carenza di regole. Provate ad acquistare in Centro-Nord Europa pessima acqua in bottigliette da 25 cl. e vi accorgerete dell’assurdità di cui è vittima la produzione del latte. Volete riflettere ulteriormente sul costo di bevande colorate di fantasia e super gassate, su succhi di frutta percentualmente disarmanti, per giungere alla conclusione che l’industria delle illusioni alimentari ha raggiunto livelli di profitto tali da non voler cedere alla ragionevolezza nell’interesse della salute? Ecco dunque il punto, la serietà del ruolo di chi governa, di chi decide e amministra nell’interesse di tutti. Alla base ci sono questioni di carattere educativo, come per l’attività motoria e lo sport finalizzate alla cultura della salute. La campagna di promozione per il consumo del latte e dei suoi derivati, compreso lo straordinario formaggio pecorino avrebbe un senso compiuto, anche in soccorso di chi il latte lo produce e che dovrebbe essere incoraggiato a farlo con una giusta remunerazione del prodotto. Ma tant’è, dobbiamo continuare a piangere sul latte versato per ogni dove in Sardegna, assistere alla demenziale contesa intorno alla “secchia” che lo contiene e magari continuare a discettare filosoficamente sulle modiche quantità di droga che sono alla base di un degrado latente, di uno stravolgimento senza possibile riparo del nostro modo d’essere società civile.
Ruggero Alcanterini
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