Stiamo ancora metabolizzando la obbligata storica decisione del CIO, del rinvio al 2021 della XXXII edizione delle Olimpiadi moderne , che sta mandando di traverso le aspettative degli agonisti, ma anche conti e scadenze organizzative, che dal quadriennio passano di fatto al lustro, ingenerando necessitate prorogatio e inesplorati diverticoli tra regolamenti, statuti e bilanci per tutto il sistema internazionale e nazionale. Intanto, dai segnali percepiti, la curva italiana accenna a stabilizzarsi e a decrescere, mentre altre, dalla Cina, agli USA, alla Russia sono adesso nella fase post o critica, insomma si materializza la panoramica tragica di una pandemia da nuovo virus, globalizzata tal quale è la natura e trasmessa progressivamente tra gli umani, ormai in soprannumero, quindi principale causa del grave degrado planetario. In questa circostanza epocale, abbiamo avuto conferma che il coraggio non manca negli operatori del soccorso, che pagano con la propria vita il pegno di una missione, da volontari e da sottopagati. Questa è anche, però, l’occasione irrinunciabile per fare giustizia delle incompetenze e della disonestà, non soltanto intellettuale, che hanno caratterizzato l’ultimo trentennio della nostra vita comune, in cui scientemente si è perseguito più il profitto economico che il beneficio sociale, secondo una dinamica geometrica ora supportata dal digitale che, al netto delle speculazioni, avrebbe potuto e potrebbe invece essere salvifica. Infatti la filosofia, la chiave interpretativa e di lettura dei mezzi innovativi che hanno ingenerato lo tsunami della globalizzazione, distratta dai principi del fair play nelle possibili declinazioni, ha finito per creare una situazione impossibile, una sorta di prigione o se preferite labirinto senza apparente via d’uscita. Insomma, ci siamo cacciati in trappola per la cupidigia di alcuni e per la insipienza dei più, catturati da pifferai magici appostati ogni dove, sino all’ultimo minuto, sino all’ultimo istante di presunta immunità dal contagio virale e non solo. Dunque occorre, oltre al coraggio, la competenza nel senso della capacità di progettare futuro, di amministrare nell’interesse altrui e quindi di soggetti che sono coinvolti nel contesto antropico loro malgrado, come il mondo animale e vegetale, la natura che è vittima, ma che può divenire terribile carnefice. E allora? Allora, prepariamoci ad una stagione successiva allo strazio del Coronavirus, ad una fase in cui non si potranno più dare deleghe in bianco ed in cui molti dei valori sopiti dovranno essere rivitalizzati. Gioco forza dovremo recuperare parte della nostra autonomia, gettare in pattumiera l’inutile, l’effimero, il pleonastico e quindi affrontare il mondo dei furbi, che di questo vive pestando acqua nel mortaio. Utilizziamo seriamente l’innovazione digitale per eliminare l’abulia burocratica ed allungare la vita reale, per fare economia di scala, destinando le risorse così recuperate agli investimenti utili, eliminando drasticamente ogni palese abuso. Premiamo in modo significativo la volontarietà, la scelta di dare prima di ricevere, di dedicarsi funzionalmente al sociale, dalla promozione delle attività sportive motorie finalizzate alla cultura della prevenzione salute, alla formazione degli analfabeti del digitale, all’assistenza dei più fragili, disabili e anziani, diversamente vessati dalle carenze del servizio pubblico o abbandonati alla possibile attenzione predatoria di chi li bada magari senza competenza e garanzie. E l’Europa? Se continua ad essere matrigna, senza pari diritti e doveri, senza l’imperativo della solidarietà, quella che ha lasciato giugulare la Grecia e che non verserebbe nemmeno lacrime di coccodrillo per l’Italico Stivale, con i suoi esclusivi pregi, ma anche con i suoi sismici difetti, allora pensiamo seriamente a rifondarla, a riprendere da dove si sono interrotti i sogni di Mazzini e Spinelli.
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