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L’editoriale del Direttore: L’ANTROPOSOCIOCULTURALE DELLO SPORT

Cosa volete che pensi dopo aver ricevuto da Renato Mariotti, alfiere dell’International Football Museum, la fotomeraviglia del pallone sberciato e testimone di un passaggio epocale dell’evoluzione umana, nel 1930, in quanto primo modello usato dalle pioniere del calcio italico? Beh, penso che la Nazionale vincente di oggi sia l’erede in linea diretta di chi novant’anni fa correva dietro a quella sfera di cuoio, mettendo in moto una autentica rivoluzione, più di quanto capitasse con Alfonsina Strada, unica donna in bici da corsa al Giro, nel tennis con Lucia Valerio o con Ondina Valla, Claudia Testoni e Gabre Gabric nell’atletica. Sì, perché si trattava di squadra e di disciplina tosta, impostata sul confronto scontro diretto, fisico, prerogativa per millenni dei maschi. In realtà il calcio o se preferite lo sport, come metafora della vita, soffre e si presta al paradossale, come quello di passare per opportunità di parte, appunto di occasione di straordinaria appartenenza, come capita con le tifoserie anche iperesagitate, per poi fare semplicemente strame delle stesse bandiere, come sta capitando in queste ore con lo storico “Capitano” della A.S. Roma, Francesco Totti, prevalendo logiche esclusivamente aziendali. E allora? Allora occorre prendere la misura e le distanze da ciò che è mero spettacolo, che è soltanto business, per attribuire il valore reale allo sport come fattore di sviluppo sociale, di crescita complessiva, universale, di una cultura che da sempre sta contribuendo in mondo molto importante al superamento di ostacoli, barriere e pregiudizi in termini di pari opportunità, eliminando progressivamente questioni di genere, censo e abilità fisica, di politica e di religione. Ecco, perché rimane incomprensibile la secolare elusione , l’insensibilità istituzionale del Bel Paese, di fronte ad una opportunità di straordinario profilo olistico, alla esigenza che questi valori siano promossi e resi comprensibili attraverso una diversa fruibilità della cultura sportiva, a cominciare dalla istituzione del Museo Nazionale dello Sport Italiano, che continua a non esserci, mentre vanno sistematicamente in malora le testimonianze superstiti. Il Museo con vocazione itinerante, scientificamente dedicato al calcio, di Mariotti, nasce in un piccolo, laborioso e vivace centro dell’entroterra abruzzese, a Loreto Aprutino e sta a dimostrare una volta di più, che la volontà ancorché buona è la risorsa principe di cui dover disporre per portare a casa risultati concreti.

Ruggero Alcanterini

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