Che adesso si finisca tutti spiaggiati come balene disorientate dal virus mi sembra, più che eccessivo. Stiamo aspettando Godot da un paio d’anni e per lo sport, in particolare, tutto è andato a carte quarantotto dal no alla candidatura di Roma per i Giochi 2024 e poi con la complicata rigenerazione di CONI Servizi in Sport Salute Spa. Nemmeno un anno di rapporti urticanti, quindi le dimissioni del Presidente Sabelli e la crisi non risolta dalla nomina di Cozzoli, avvolta nel bozzolo della burocrazia e degli algoritmi delle competenze, quelle economiche. Adesso, a fronte del “fermo biologico” imposto dal Coronavirus, stiamo sfogliando la margherita confortati da un alibi davvero sgradevole. Voglio provare ad usare ancora una volta la “macchina del tempo” e riposizionare le lancette al 20 – 21 novembre del 2017, quando a mio avviso si registrò l’ultima seria opportunità di riflessione con la convocazione degli “Stati Generali dello Sport” ed emerse chiara la questione, quella di una riforma costituzionale che desse la dignità ed il ruolo – oltre che il considerevole peso che di fatto ha – allo sport italiano. La situazione di stallo generata dai singulti politici ora coincide con l’emergenza sanitaria, che precede l’Appuntamento Olimpico ormai precario sul calendario 2020 e diventa preview della successiva ed ormai prossima fase congressuale, che chiuderà non soltanto l’attuale ciclo quadriennale, ma di fatto una fase epocale del sistema sportivo italico. Ecco, il problema è quello di giungere ad un capolinea, senza avere chiaro il tratto successivo da compiere e con il necessario assetto, fatto di adeguata Legge Quadro, di Dicastero con ruolo primario e attribuzioni conseguenti, Struttura di coordinamento per la missione pubblica, rispetto ad una platea eterogenea di soggetti che richiedono autorevolezza e competenza, salvo il mondo Olimpico, il CONI con il suo Altis contenente valori, tradizioni e tecnica delle discipline affidate alle Federazioni, nonché il mondo di mezzo, quello dello sport come cultura in tutte le sue declinazioni. Quello su cui tutto di fatto si fonda, ma cui poco o nulla arriva. Niente, occorre davvero immaginare una fase rifondativa, facendo appello alle forze sane, alle intelligenze ed alle esperienze, alla responsabilità delle coscienze in buona parte fuori dagli attuali ingranaggi. Occorre una squilla mediatica forte, occorre riaprire la questione sport non per decidere su porte aperte o chiuse al “Corona”, ma per fare della futura Italia della Rinascenza un esempio di civiltà sportiva partecipata, a scuola, in famiglia, negli stadi, sugli spalti e in campo. (Foto Mezzelani)
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