Sarebbe troppo semplice limitarsi a festeggiare, a fare baldoria per la doppia affermazione italica in chiave sportiva. Quanto avvenuto tra Losanna e Montpellier ieri e l’altro ieri non è altro che la conferma di un impegno lungo e laborioso, virtuoso nel tempo e nello spazio, la capacità di intuire e credere, la consapevolezza delle proprie qualità e la volontà di affermarne il ruolo fuori e dentro il campo. Quando nel 1939, il Conte Alberto Bonacossa convinse il Comune di Cortina a presentare la sua prima e vittoriosa candidatura quale sede dei VI Giochi Olimpici Invernali del 1944 – mai disputati per via della Seconda Guerra Mondiale – era il 1939 e lui era editore de La Gazzetta dello Sport, oltre che de Il Littoriale (oggi Corriere dello Sport) ma soprattutto un collaudato campione, dal tennis al pattinaggio su ghiaccio e un dirigente di punta, alto anche per l’imponente statura, Presidente e fondatore dalla Federazione Motociclistica a quelle dello Sci, del Pattinaggio su ghiaccio e a rotelle, piuttosto che del Tennis e dell’Automobilismo sino a divenire Commissario dello stesso CONI nel 1943. Bocciata una nuova candidatura nel 1946, a Londra, per appena due voti di differenza a favore di Oslo, quando, finalmente, Cortina d’Ampezzo riottenne l’assegnazione per edizione storica del 1956, si era ormai nel 1949, a Roma, per una Sessione del CIO, tal quale quella svizzera di due giorni fa. Con lui, gli strateghi Bruno Zauli e Giulio Onesti, Segretario Generale e Presidente del rigenerato CONI crearono le condizioni di un percorso di rinascenza italica attraverso lo sport, giungendo sino a Roma 1960, lo stesso che oggi ci consente di dire che organizzare a Milano e Cortina ha funzione strategica generale, nonché sostenibilità economica, sociale e ambientale. Per la storia, va aggiunto che nel 1941, in piena bagarre bellica, Cortina organizzò comunque i Campionati del Mondo di Sci Alpino. Ultima nota, amara, quella che il Conte Bonacossa, nato a Vigevano nel 1883, adolescente durante i primi Giochi moderni di Atene nel ’96, volato in Borea nel gennaio del 1953 a Milano, dopo tanto impegno, non ebbe la gioia di assistere proprio all’Evento che lui aveva fortemente voluto, appunto all’Olimpiade di Cortina tre anni dopo, che lo ricorda con lo Stadio del Ghiaccio a lui intitolato.
Ruggero Alcanterini
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