La sensazione è che, rotti gli argini, invisibile, l’alitare del morbo dilaghi. Mi sforzo anch’io di intercettare un colpo di tosse, uno starnuto, un soffiare il naso, ma nulla. Intorno a me soltanto poche persone asintomatiche, apparentemente sane o il deserto. Ecco, questo il quadro, nel giorno dedicato alle donne, abbrunato dallo sgomento, dall’ improvvisa consapevolezza di una brutale privazione, della decadenza di un diritto fondamentale, quello della libertà, che non a caso fa rima con felicità. Ci giunge continuo il tam tam mediatico dell’accartocciamento, del disvelamento di una società civile estremamente fragile, di un risibile sistema di convivenza tra gli umani. E’ bastato davvero poco per mettere in crisi l’effimero e pure il basico, la futilità delle convenzioni che oggi regolano il mondo, dopo millenni di contorsioni e mediazioni. Chiudere oggi città e regioni nel timore che il Coronavirus schizzi via come il mercurio è davvero complicato se non impossibile. Eppure la storia ci aveva insegnato tanto, quando le epidemie viaggiavano a bordo di velieri e carrozze. Oggi, ogni delirio d’onnipotenza s’infrange contro un giudice superpartes, sulla “livella”, che tutti attende senza fare torti.
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