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L’editoriale del Direttore: EUROPA, DALLA SPERANZA ALL’ANGOSCIA

E sì care ragazze e ragazzi, quando presi la direzione di INTERSCAMBIO, nel 1993, eravamo a cinque anni dalla caduta del Muro di Berlino, all’inizio della catastrofica “operazione tangentopoli”, di fatto ad oggi mai conclusa, in un interminabile carosello tra guardie e ladri. Proprio in quell’anno iniziava il nostro calvario, con la nascita dell’inedito asse franco-tedesco, alla faccia del trattato di Roma che ci vedeva protagonisti sin dal 1957. Iniziava un processo di erosione della nostra stabilità, di isolamento, sino alla inevitabile fluttuazione della lira e all’avvio della nostra lunga interminabile caduta libera, giusto mentre partiva la rottamazione della Prima Repubblica, facendo di quasi tutti i partiti e della politica storica, dei fondamentali della nostra economia, degli stessi pilastri italiani alla base dell’Unione Europea, un unico fascio da gettare alle ortiche o meglio sul rogo. Così si rivelava la strategia di chi ci voleva ridimensionare, minimizzare, liquidando rapidamente la nostra intrapresa internazionale, chiudendo o svendendo quasi tutte le aziende a partecipazione statale, premessa per la cessione complessiva del brand italiano alla concorrenza. Passando per una isterica crisi di sistema, obtorto collo avremmo versato addirittura il “Contributo straordinario per l’Europa”, ovvero la bellezza di quattromilatrecento miliardi delle vecchie lire per rispettare il Parametri del Trattato di Maastricht, impegnati dal Governo Prodi nel dicembre del ’96 e pagati in nove rate mensili dai lavoratori dipendenti e in due trance dagli autonomi italiani l’anno successivo. Quella riduzione dello 0,6% del disavanzo statale di allora ci portò peraltro a mettere la testa sul ceppo predisposto da Kohl e Chirach, infatti i successivi aggiustamenti per l’entrata in funzione dell’Euro (1 gennaio 2002) segnarono definitivamente il nostro tracollo. Il cambio sfavorevole, il rifiuto di emettere l’Euro di carta, la decisione di partire dal valore di 5 (controvalore dei 10 marchi e dei 50 franchi) e la conseguente eliminazione di equivalenti per ben tre tagli delle nostre banconote in lire (1000, 2000, 5000) portò di fatto alla contrazione formale e sostanziale del valore della nostra economia, ad uno spasmo traumatico, ad una improvvisa aritmia del nostro benessere, riducendo drasticamente del cinquanta per cento gli stipendi, le pensioni ed i risparmi, mentre raddoppiavano le bollette, i biglietti della metro, il costo del cibo … Dire che siamo stati e continuiamo ad essere vittime di una truffa colossale è nel percepito, nella stato delle cose che conta in assoluto, senza se e ma, anche rispetto a tutte le criptiche spiegazioni degli economisti e al delirio della nuova politica. Il degrado, il crollo demografico, la scomparsa degli investimenti, la negazione del futuro, la guerra tra poveri, i ricorso alla svendita degli ultimi beni e riserve pubbliche testimoniano la negatività, se non la perversità di quel che accadde tra la fine degli anni ottanta e gli anni novanta del secolo scorso, il ventesimo, quello delle guerre mondiali e delle bombe atomiche, delle dittature e dei totalitarismi, del futurismo immaginario e della negazione del futuro reale con l’invenzione della plastica, il suicidio da amianto, l’industria senza remore sul fossile, lo sfruttamento intensivo e l’avvelenamento del Pianeta, l’inizio probabile possibile di una irreversibile catarsi socio-ambientale.

Ruggero Alcanterini

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