Nella scorsa notte, siamo stati tra i primi a chiamare il 118, a segnalare l’inizio dell’ennesimo girone infernale, il rogo della enorme discarica abusiva al Collatino, a ridosso della Stazione Palmiro Togliatti e della Centrale Elettrica, fatto di fiamme fumo e veleni, effetto della sistemica azione criminale legata all’orribile “affaire dei rifiuti”, quello che conferisce il massimo vantaggio, accollandone interamente il costo alla comunità. Come abbiamo avuto già modo di affermare, anche a nome del Comitato Nazionale Italiano Fair Play, d’accordo con l’Osservatorio Nazionale Amianto e il suo Presidente, avv. Ezio Bonanni, non è piangendo sui singoli disastrosi episodi che si può evitare il peggio, quello del realizzarsi di fatto di un sostanziale inquinamento globale del Bel Paese, ma diversamente agendo in chiave preventiva su base progettuale e con la pianificazione di interventi finalizzati alla bonifica radicale dei territori, adeguandone la vigilanza, restituendo loro il valore intrinseco e per conseguenza elevando la qualità ambientale, che diversamente rischia di andare in malora. E’ paradossale, che mentre si limita il traffico selezionando sempre più in alto i valori inquinanti dei mezzi di trasporto, che si sbandiera il futuro dall’ibrido all’elettrico, dall’altra parte si lasciano proliferare ogni dove concentrazioni di lordure tossiche sino alla conseguenza estrema della compromissione delle falde acquifere e della deflagrazione e dell’inquinamento esponenziale dell’aria, con tanti saluti alle statistiche sul co2 e soprattutto alla salute dei cittadini. Ma continuiamo a ragionare sull’emergenza rifiuti e discariche abusive nella Capitale, che in questi giorni è alla ribalta per questioni di bilancio. A Roma, soltanto nella zona est, appunto quella che comprende il Collatino, sono stati mappati centoventidue siti di sversamento rifiuti, quali bombe ambientali in attesa d’innesco. Si va dai calcinacci agli elettrodomestici, dallo smaltimento abusivo di oli esausti e altri tossici, ai fusti di vernici, ma soprattutto a materiali contenenti fibre d’amianto. Il quadrante Est di Roma è di fatto una nuova Terra dei Fuochi. I Gruppi di Ricerca Ecologica hanno censito il fenomeno e i risultati sono assolutamente allarmanti. Nei Municipi III, IV, V, VI e VII sono state infatti individuate oltre cento situazioni, che rappresentano delle vere e proprie emergenze o se preferite ordigni ambientali. La mappa, in continuo aggiornamento, è stata elaborata anche sulla base delle segnalazioni dei cittadini e si riferisce soltanto a quanto visibile sul terreno, in superfice: “Complessivamente si parla di oltre 19 ettari, ovvero 190.000mq – si legge nella nota dei GRE – ma riteniamo che i numeri reali siano ancora più drammatici dal momento che oltre a quanto nascondono la vegetazione o i cavalcavia, andrebbero censiti anche i rifiuti interrati, come nel caso dei terreni adiacenti all’ex pastificio di via Collatina andato a fuoco e su cui oggi pascolano liberamente i cavalli. Gran parte delle aree è collocata a ridosso dei confini tra i Municipi o del fiume Aniene e dei fossi che vi si immettono, la situazione è drammatica. Sempre i Gruppi di Ricerca Ecologica: “Nel Municipio IV abbiamo censito ben cinquantaquattro siti di sversamento, cui si aggiungono addirittura sei potenziali discariche abusive estese complessivamente in più di otto ettari. Quindi, si può quindi parlare di vera e propria emergenza in quanto, oltre alle immissioni atmosferiche dei fumi prodotti dal continuo incendio dei rifiuti, c’è anche un elevatissimo rischio di inquinamento dei suoli e della falda acquifera. Alcune zone sembrano letteralmente terra di nessuno, dove chiunque sversa quello che vuole: è il caso di via di Salone (da entrambi i lati della A24), di via di Tor Cervara (all’altezza di via Vannina, strada di collegamento con via Tivoli realizzata e mai aperta al traffico per diversi motivi), Ponte Mammolo o il tratto stretto tra la A24 e la TAV (dalla clamorosa situazione del campo nomadi di via Salviati che abbiamo portato finanche all’attenzione del Parlamento Europeo, fino quasi alla stazione di via Prenestina)”. E la situazione è ai limiti dell’incredibile anche nel Municipio V, dove sono ben tre le aree in cui si può parlare di vere e proprie discariche abusive: “A ridosso delle attività di rottamazione di via Palmiro Togliatti – continuano i GRE – ci sono quasi quattro ettari in cui viene sversato di tutto: da anni i cittadini e i comitati di quartiere denunciano questa discarica in pieno Parco di Centocelle, ma a tutt’oggi la soluzione del problema e soprattutto la bonifica dell’area sono ancora lontane. Come d’altronde nel caso degli immobili occupati e poi sgombrati di via Raffaele Costi e via Cesare Tallone, dove ci sono tutt’ora cumuli di rifiuti alti anche tre metri. Un’altra discarica l’abbiamo rinvenuta nel Municipio III, all’altezza dell’intersezione tra via Salaria e la Tangenziale Est, dove lungo le sponde dell’Aniene e a meno di cinquecento metri in linea d’area con la confluenza nel Tevere, c’è un’area di quasi mezzo ettaro in cui viene gettato di tutto, come anche in zona Val d’Ala. Nel Municipio VI i problemi sono principalmente legati al campo nomadi di via di Salone (dove, a ridosso del perimetro, sono accumulati rifiuti per un’area di oltre un ettaro). Tra via Ponte di Nona e via Massa di San Giuliano abbiamo rilevato numerosissimi punti di abbandono. Nel Municipio VII, oltre alla ben nota emergenza legata al campo nomadi La Barbuta (tra l’ippodromo di Capannelle e l’aeroporto di Ciampino) c’è un’intera zona a ridosso del capolinea Anagnina della Metro A in via Walter Procaccini in cui ci sono così tanti piccoli sversamenti da far apparire l’area quasi come una discarica”. E per concludere, dopo questa allucinante panoramica, che rappresenta lo stato del territorio di buona parte del Paese, ci sentiamo di suggerire intanto all’Amministrazione di Roma, che ha invocato l’intervento dell’Esercito, dopo i disastri dolosi degli impianti di smaltimento AMA sulla Salaria e a Rocca Cencia, di dirottare parte degli ottocento nuovi vigili urbani sulla vigilanza ambientale e di avviare una seria campagna di cultura ambientale che responsabilizzi la collettività sul concetto che prevenire è meglio di curare, magari le stesse malattie oncologiche che purtroppo si collegano anche a tanto scempio.
Ruggero Alcanterini
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