Laddove è l’impossibile, occorre la prova, la dimostrazione che la stessa vicenda umana sulla Terra va ben oltre il limite del cognito. Forse per questo sono nate leggende, fiabe , miti, religioni, il sovrannaturale. Ecco il perché di Daniele Nardi e la sfida reiterata al Nanga Parbat e al suo sperone , il Mummey, appunto l’impossibile della Montagna del Diavolo o se preferite della Morte, nona tra le “ottomila”, ma prima per pericolosità in condizioni meteo avverse. Altro che “arrampicata sportiva” alle prossime edizioni dei Giochi Olimpici, altro che podi e medaglie: comunque finisca la vicenda di Daniele, uomo d’acciaio e di fair play, generoso nel rappresentarci nella scalata infinita verso la vetta ideale, occorre comprendere che tutto quel che abbiamo, quel che è patrimonio globale dell’umanità, del nostro onnisciente divenire, è frutto della staffetta reale tra generazioni, che non hanno mai smesso di sfidare la natura con ogni mezzo, dovendosi dimostrare il primato alieno sul Pianeta, che temporaneamente ci ospita, in attesa di altre mete. Questa l’avventura assoluta e permanente degli uomini, questo il senso unico della vita , senza remore, fino ed oltre il limite del massimo sacrificio, come accadde ad Icaro, ad Oetzi, a Fidippide, a Robert Falcon Scott, a Gunter Messner …
Ruggero Alcanterini
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