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L’editoriale del Direttore: ARTE SPORT VITA

Ieri, Giacomo Crosa ha condiviso, con gli amici suoi e miei, schegge di quel che fu il protrarsi di un connubio sport ed arte. Si tratta dell’Elogio allo Sport di Renato Guttuso, che fu in mostra con le sue opere nel 1984 e di cui sopravvive il catalogo con autografo dedicato proprio a Giacomo con un significativo “W L’ATLETICA” . Riprendendo l’antico vezzo egizio e poi greco di esaltare i “semidei” dei Giochi attraverso la suprema interpretazione artistica, da Policleto a Mirone, a Lisippo, sino a Canevari, Emilio Greco e lo stesso Guttuso, per andare di sintesi. I promotori delle Olimpiadi moderne e gli artefici dello sport con la S maiuscola continuarono ad enfatizzare l’dea canonica del bello associato alla salute, all’energia ed alla perfezione del gesto, all’armonia del corpo in movimento, come divinizzata espressione della vita, dal Doriforo al Discobolo, all’Apoxyomenos, quindi alle naiadi, alle ginnaste, ai calciatori, ai pugili dei maestri contemporanei, che trovarono da ultimo in Giulio Onesti e in Juan Antonio Samarach i caparbi continuatori di una tradizione nobilitante, avviata da Pierre de Coubertin già ad Atene nel 1896. Purtroppo, lo sciagurato integralismo dei più, nel 1949, prevalse con l’dea che artisti professionisti non potessero condividere la gloria olimpica e così si passò dalle gare alle mostre, senza via di scampo. In Italia siamo ancora in attesa di un Museo Nazionale dello Sport. Ma voglio concludere con una annotazione esemplificativa del ruolo degli artisti italiani nel campo, tema cui varrà la pena di dedicare un giusto approfondimento. Dunque, alle Olimpiadi di Amsterdam vennero per la prima volta assegnate le medaglie disegnate da Giuseppe Cassioli, che nell’aprile 1927 aveva vinto il concorso bandito dal CIO. Medaglie che rimasero al collo dei premiati sino ai Giochi di Atene 2004. Lando Ferretti, nel suo primo numero di Lo Sport Fascista, nel giugno del 1928, scriveva: “Ispirata al più puro classicismo, ma animata da un potente soffio di vita virilmente vissuta, la medaglia rappresenta il trionfo dell’atleta nello stadio: dai particolari anatomici dei corpi perfetti al movimento armonico delle masse, allo sfondo architettonico, è tutta un’euritmia che dà all’opera il crisma inimitabile della nostra arte. Il trionfo di Cassioli non è, infatti, soltanto l’affermazione d’un nobile artista, ma di tutta una scuola e d’una tradizione, per la quale l’Italia domina ogni rivale là dove si contenda una palma nel nome della bellezza”.

Ruggero Alcanterini

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Ruggero Alcanterini

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