Quando si al pensa futuro in termini ideali non si può immaginarlo senza fair play. Tutti siamo portati ad immaginare un orizzonte roseo verso il quale andare gaudiosi. Purtroppo, non mancano invece sorprese amare, difficoltà a volte terribili e irreparabili, tali da incrinare anche gli ottimisti, oltre ragionevole certezza. Ecco, come dire, di fronte alla volontà di Dio, ai rivolgimenti naturali e sovrannaturali, davvero poco possiamo, se non manifestare eroicità, solidarietà o magari rassegnazione, ma se, al contrario, la causa del male è umana, allora di certo il rispetto delle regole basilari della lealtà dei comportamenti, il fair play secondo il re dei visionari, William Shakespeare, è fuori discussione. Tuttavia, l’esempio più eclatante del momento è il “carpiato con doppio avvitamento” americano per il Kurdistan, entità virtuale e sostanziale al contempo, membrana vibrante nel profondo della coscienza collettiva. Come dire, prima ti ferisco e poi ti soccorro ed è dirimente del concetto di cinica sceneggiata, quella di cui sono capaci soltanto gli umani, anche nei confronti di Gaia, avviata all’irreparabile, salvo tardivi, finti e parziali ravvedimenti, con tanti saluti a COP 21, all’ONU e pure all’UNESCO.
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