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L’atletica “azzurra” dall’oggi al domani

Mi stavo chiedendo quale fosse il segreto che fa permanere giovani le nostre speranze atletiche, tali e sempre comunque, anche con il passare del tempo, anno dopo anno. Un interrogativo costante rispetto alla speranza, all’idea che improvvisamente qualcosa prenda i colori dell’iride, che cambi come per un incanto, dall’oggi al domani. La risposta è arrivata anche grazie alle ultime battute degli Eurocampionati a Berlino, quando dopo un ulteriore “bronzo” , frutto dell’ottimismo della volontà, nella maratona, con Yassine Rachik, che è riuscito ad impegnare sino all’ultimo millesimo la sua energia, ho avuto la percezione di un atteggiamento diverso da parte di chi come Claudio Stecchi e il quartetto della staffetta veloce maschile si è disunito in vista del traguardo. Mi sento dire che sono giovani e che si faranno… Purtroppo, in certe occasioni, il risultato è quello che conta e lo spirito vincente è quello che fa la differenza rispetto alla statistica, al numero dei finalisti, al grado di competitività percepibile, quello che trasmette emozioni e coinvolge l’immaginario collettivo. Infatti, la vittoria a squadre nella speciale Coppa Europa di Maratona, a me cara per rinverdire gli anni condivisi con amatori e runners , con Oscar Barletta e Gianpaolo Lenzi , tra il 1974 e il 1988, non ha avuto la eco che meriterebbe , non è stata avvertita come fondamentale caratura di livello e di tono nella visione complessa, tecnica ma anche romantica, fatta di sentimenti, di coraggio e rabbia, di una realtà multidisciplinare com’è l’atletica. L’impressione è che manchi proprio quel quid che alla fine fa la differenza. Quel quid che si può manifestare anche sul campo, sempre chè ci sia un dio che ti aiuti, ovvero chi, come capita nel nuoto e non solo, trasmetta e formi l’atteggiamento mentale giusto, quello vincente e mi risulta che in questo abbiano avuto ed hanno un ruolo molto importante i rappresentanti dell’AIPS, ovvero i mental coach. In ogni caso, sono stato colpito dalla serenità con cui Gimbo Tamberi, Daisy Osakue e Yeman Crippa hanno commentato le loro performances europee a Berlino, sulle pedane e la pista di quello Stadio Olimpico, in cui ottantadue anni fa , nel 1936, in un clima un po’ diverso, Ondina Valla, prima aurea medaglia della storia atletica “azzurra” al femminile, trionfò negli ottanta ad ostacoli, beffando la valentissima Claudia Testoni, soltanto quarta. I bronzi della marciatrice Antonella Palmisano e dello stesso Crippa ebbero precedenti illustri in Giorgio Oberweger il “mago” , terzo dopo i colossi americani con un quarto di giro in più nel disco e in Mario Lanzi, argento negli ottocento, gara in cui il suo rivale storico, Rudolf Harbig fu addirittura eliminato in batteria, piuttosto che nella staffetta veloce con Mariani, Caldana, Ragni e Gonnelli , altro argento . La stessa celebrata “antenata” di Daisy, Gabre Gabric, fu lontana dalla finale, mentre Arturo Maffei, calciatore prestato all’atletica dal presidente “bilaterale” Luigi Ridolfi, fu protagonista di una finale simile a quella che ha visto giocato Gimbo, redivivo a 2,28 ma scavalcato da avversari “elettrici” tutti al primato personale o stagionale proprio con il 2,33 che lui aveva considerato strategico per vincere a sorpresa. Voglio ricordare che Arturo, ormai in Borea da anni e cui mi unisce ancora un rapporto di straordinaria empatia, condivise in pedana ma non sul podio, per appena un centimetro di differenza con il giapponese Naoto Tajima , lo straordinario paradosso del “fulmine nero” Jesse Owens , che schiantò il simbolo ariano Carl Ludwig Long, davanti allo sbigottito Adolf Hitler. Ecco, per concludere, che comunque sia andata, la seconda puntata italiana per un evento titolato all’Olympiastadion deve essere considerata la possibile premessa affinché qualcosa cambi e che i “giovani” maturino in funzione di un imprescindibile ritorno in auge dell’atletica nell’Italico Stivale. Per questo, occorrono adesso consapevolezza dello stato dell’arte, determinazione umiltà e voglia di vincere, promozione e organizzazione, autostima e capacità progettuale, motivazioni forti e condivisione degli obiettivi di valore sociale, come la salute e l’integrazione, che possono essere colti proprio con l’attività atletico motoria diffusa, dagli asili nido ai circoli per la quarta età.

Ruggero Alcanterini

Direttore responsabile de L’Eco del Litorale

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