Credo che ci sia poco da discutere sull’importanza dell’appartenenza. Non vi nascondo che in certi momenti riesco ad emozionarmi. Non si tratta di rime, ma di poesia, magari quella che trasuda dalle parole di verità che sono nella famosa cantata di Gaber, quello spirito che diventa materia e ci da forza ogni qualvolta siamo chiamati a dare motivo della nostra stessa esistenza in vita. Ecco perché ieri, al Salone d’Onore del CONI, affollato da ingegneri e architetti , eredi virtuali di Del Debbio e Moretti, riuniti dalla “benemerita” SCAIS per un inno al Foro Italico in Mostra e a Convegno, Giovanni Malagò, reduce dalla elezione a membro permanente del CIO, ha raccolto una ovazione. E sì, perché di questi tempi, vincere è tornato ad essere importante e soprattutto riuscire a farlo in nome di un blasone, appunto di una appartenenza. Diciamo che la grinta trionfante delle “azzurre” del volley, impegnate nei mondiali di Nagoya, in Giappone, riassume il concetto che occorre partecipare con spirito di appartenenza, nello sport come nella vita, di cui abbiamo spesso la sensazione che proprio lo sport sia metafora. Ieri, nella diversità dell’approccio, quella appunto contraddistinta da una visione non astratta, asettica, ma metafisica e di straordinaria bellezza – non soltanto estetica – l’appartenenza è emersa durante il lungo racconto che è stato fatto intorno ad una realtà sembiante favola, per motivazioni e simboli di una storia rivissuta dal passato (Olimpia, Campo Marzio, Flaminio) e proiettata nel futuro, attraverso il presente. Lo spirito di appartenenza può divenire una straordinaria macchina del tempo e farci ricordare le immanenti presenze di coloro che furono artefici del vissuto in un contesto unico, armonizzato tra le quinte collinari di Monte Mario, ma può e deve essere anche una catapulta determinante per rilanciare connotazioni italiche vincenti ed utili per la collettività internazionale, oltre che nazionale. Per questo, faccio esplicito, esemplificativo riferimento alla Compagnia di Bandiera Alitalia, che non soltanto deve sopravvivere, ma deve cambiare profilo ed atteggiamento, tornando ad essere leader riconoscibile e riconosciuta, simbolo ed elemento strategico della nostra competitività, dando efficienza e certezza ai collegamenti interni di un Paese geograficamente e strutturalmente complesso, oltre che a quelli di medio e lungo raggio, dove trasferire appunto la nostra intrapresa e l’appartenenza non soltanto nello spirito. Per questo, avremo un nuovo appuntamento nel Salone d’Onore, la mattina del 31 ottobre, quando con il “Put the ball and … run!” di Fabio Frizzi e Steven B, campioni realizzati come Pietrangeli, Maffei, Bergamasco… personaggi della fantasia educativa come Enos e Pallard, sindaci e amministratori fair play, lo stesso Presidente del CONI, Malagò e del CONI Servizi, Fabbricini, riprenderemo questo appassionante, coinvolgente ed importante ragionamento.…
L’appartenenza
non è lo sforzo di un civile stare insieme
non è il conforto di un normale voler bene
l’appartenenza è avere gli altri dentro di sé.
L’appartenenza
non è un insieme casuale di persone
non è il consenso a un’apparente aggregazione
l’appartenenza è avere gli altri dentro di sé.
Uomini
uomini del mio passato
che avete la misura del dovere
e il senso collettivo dell’amore
io non pretendo di sembrarvi amico
mi piace immaginare
la forza di un culto così antico
e questa strada non sarebbe disperata
se in ogni uomo ci fosse un po’ della mia vita
ma piano piano il mio destino
é andare sempre più verso me stesso
e non trovar nessuno.
L’appartenenza
non è lo sforzo di un civile stare insieme
non è il conforto di un normale voler bene
l’appartenenza
è avere gli altri dentro di sé.
L’appartenenza
è assai di più della salvezza personale
è la speranza di ogni uomo che sta male
e non gli basta esser civile.
E’ quel vigore che si sente se fai parte di qualcosa
che in sé travolge ogni egoismo personale
con quell’aria più vitale che è davvero contagiosa.
Uomini
uomini del mio presente
non mi consola l’abitudine
a questa mia forzata solitudine
io non pretendo il mondo intero
vorrei soltanto un luogo un posto più sincero
dove magari un giorno molto presto
io finalmente possa dire questo è il mio posto
dove rinasca non so come e quando
il senso di uno sforzo collettivo per ritrovare il mondo.
L’appartenenza
non è un insieme casuale di persone
non è il consenso a un’apparente aggregazione
l’appartenenza
è avere gli altri dentro di sé.
L’appartenenza
è un’esigenza che si avverte a poco a poco
si fa più forte alla presenza di un nemico, di un obiettivo o di uno scopo
è quella forza che prepara al grande salto decisivo
che ferma i fiumi, sposta i monti con lo slancio di quei magici momenti
in cui ti senti ancora vivo.
Sarei certo di cambiare la mia vita se potessi cominciare a dire noi.