L’ANTROPOVIRUS, PRIMA DEL COVID 19 – Sono passati due anni
, da quando lanciai un grido d’allarme ragionato, per motivi decisamente gravi e importanti, tra cui quello di una pandemia irresponsabilmente sottaciuta in Italia e nel mondo, quella delle patologie da asbesto, derivanti e rese permanenti dall’uso indiscriminato e dall’inadeguato smaltimento dell’amianto, la lana della salamandra per i nostri progenitori. Adesso, il parallelo con l’ennesima catastrofe, che ha pur sempre origini naturali, elevata a potenza dagli umani artifici. Potremmo stare a discutere all’infinito sul paziente zero italiano, senza risolvere il problema di fondo, che è quello della inadeguatezza dell’organizzazione sanitaria mondiale in termini di prevenzione, fatta salva la tradizione tribale di mettere allo spiedo pipistrelli piuttosto che tordi. In realtà, adesso, grazie alla irruzione brutale del Coronavirus, scopriamo per l’ennesima volta l’acqua calda, ovvero che la vita, bene primario, non ha prezzo e che virus, batteri e veleni da degrado antropico fanno più vittime delle guerre, come accadde con la peste, il colera e la “spagnola”, giusto un secolo fa, quando sul Pianeta eravamo di meno ed i morti si contavano a decine di milioni. Ma allora qual è il vero problema? Credo proprio che il “problema” sia al contempo una sorta di vantaggio, la memoria ultracorta, la capacità di rimuovere il senso del pericolo appena scampato, dimenticare alla velocità della luce quel che è appena accaduto di grave. Adesso che siamo sotto COVID pensate che gli altri rischi siano azzerati? Sicuramente li ignoriamo, anche se sono latenti, pronti a colpirci di nuovo con una tempistica sospetta, perché come avrete notato in questa fase altri cataclismi sono sospesi. Sembra quasi che la natura, clemente ma perfida, oltre che prodiga, agisca per contenerci, per difendersi dal pericolo umano, dall’Antropovirus, che la aggredisce senza remore e rischia di ucciderla. Dunque, per tutti questi terrificanti buoni motivi, penso sia utile riproporre alla vostra lettura quel che scrissi appunto appena un anno fa.
LEGITTIMA DIFESA, DIFESA LEGITTIMA (2 aprile 2019) – Questo è di certo un argomento di attualità certa, ma paradossalmente limitato, perché confinato in un ambito spazio-tempo assolutamente ristretto e a casi particolari, suscitando reazioni anche sconcertanti e di segno opposto, comunque devianti, rispetto a quella che è la realtà invero complessa dei pericoli tra le quattro mura, piuttosto che fuori , per cui ritengo si dovrebbe essere allertati, prima ancora che legittimati, sempre e comunque alla difesa. Certo, tutto questo potrebbe avere un senso compiuto se le vittime delle più differenti, proditorie ed efferate aggressioni avessero adeguata percezione del pericolo e delle stesse conseguenze spesso irreparabili. Ma di cosa sto parlando, di che cosa mi preoccupo se non degli agguati all’asbesto, all’uranio impoverito, al mercurio, al fumo diossinico di ciminiere, di altiforni , di fabbriche e centrali, piuttosto che dei fuochi e dei roghi con cui si eliminano accumuli di rifiuti tossici o i rivestimenti del rame razziato, naturalmente tutto a disprezzo della salute dei derubati, dei rapinati di fatto della vita, di certo il nostro bene più prezioso. Ecco, che ogni qualvolta ci troviamo nella condizione di vittime impotenti di scellerati, che si appropriano indebitamente della nostra esistenza, dovremmo reagire in modo adeguato, invocando giustizia e riparazione. Purtroppo, non ci si rende conto pienamente del male che ci viene causato, se non quando è tardi, troppo. E allora? Allora, valgono per tutti, anche in luogo di chi istituzionalmente dovrebbe interporsi, agire, ma non può o non riesce, la ragione, la passione, la volontà e se vogliamo il coraggio di coloro che svolgono un ruolo di salvifica supplenza, fino ad ottenere attenzione , sino ad aprire un percorso di giustizia, sino a ribaltare la filosofia masochista della riparazione soltanto dopo il danno, sino alla rivoluzione lapalissiana della prevenzione. Sembrerà strano, ma si è dovuto verificare il paradosso di dover difendere gli stessi operatori della Difesa, i militari, come quelli della sicurezza e della protezione da rischi calamitosi, i vigili del fuoco, rispetto all’evidenza ignorata o elusa di gravi pericoli per la salute. Sembrerà un peso insostenibile da sopportare, ma tant’è che occorre davvero il coraggio, che dovrebbe andare di pari passo con la capacità di governare. Diciamo che se sulla via della legittimazione alla difesa della collettività da pericoli diffusi e immanenti, dopo la straordinaria apertura del Ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, è giunto anche il decreto del Ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, per avviare un processo di riforma della normativa sull’amianto, questo lo si deve a chi si è messo in prima linea ed ha assunto il ruolo di difensore, non soltanto nelle aule di giustizia. Mi riferisco, appunto, a chi come il Presidente dell’ ONA, l’avvocato Ezio Bonanni, da anni si batte non tanto contro, ma per, affinché le Istituzioni si orientino dalla parte giusta, l’unica assolutamente da salvaguardare, quella dei cittadini. E le armi ? Beh, credo che l’arma di difesa di gran lunga più efficace sia quella del buon senso, quello di cui davvero bisogna disporre perché si faccia ancora un passo avanti e dalla legittima difesa si passi alla difesa legittima.